Recensioni

Recensione di The Club

Recensione di The Club di Console Tribe

di: Redazione
Le prime notizie che circolarono riguardo a The Club, gioco firmato
Bizarre Creations, mi ricordarono un film risalente agli anni ’80. Mi
riferisco a quella produzione mediocre e un po’ edulcorata dal
fantasioso titolo ‘L’implacabile’, con protagonista uno Schwarzenegger
pieno di steroidi e come sempre armato fino ai denti. Nella pellicola,
il nostro amico Schwarzy era alle prese con un violentissimo gioco a
premi in cui un uomo deve correre e combattere per la sua
sopravvivenza, vedendosela di volta in volta con altrettanti nemici
cattivissimi e senza scrupoli, sotto l’occhio (appunto) implacabile
delle telecamere.
The Club dal canto suo ci presenta più o meno la stessa minestrina
dell’uomo in fuga per aver salva la propria vita, ma con alcuni spunti
che si discostano leggermente dal lavoro cinematografico del 1987.


Sciopero degli sceneggiatori

E’ una bella sorpresa vedere come la mamma di uno dei giochi di corse
automobilistiche più famoso al mondo decida di rimettersi in
discussione per lanciare un titolo che si discosta molto dal suo
Project Gotham Racing. Quello che lascia un po’ sconcertati è come
l’approccio alla creazione di questo nuovo gioco sia stato a tutti gli
effetti identico alle precedenti produzioni. Per avere più chiare le
idee basta fare alcune considerazioni: The Club vanta una profondità di
gioco pari a quella di una pozzanghera primaverile. Non esiste un plot
degno di questo nome che traini la serie di eventi che saremo costretti
ad affrontare. Sembra che i ragazzi di Bizarre siano ormai incatenati a
un modo di concepire i videogiochi monopolizzato dal loro più famoso
progetto. In altre parole: in un video gioco di corse automobiliste il
tutto si risolve con una serie interminabile di sfide su tracciati
diversi, con un po’ di sano collezionismo a quattro ruote. Non esiste
(quasi mai, almeno) una trama che coinvolge i piloti, non viene mai
dato accento a una componente narrativa che condisca e accompagni i
vari tornei e le varie sfide che si affrontano a bordo dei vari bolidi.
E tutto questo va più che bene, se stiamo parlando di un gioco di
corse. Il giocatore non si aspetta nient’altro se non di mettersi al
volante e bruciare l’asfalto.
Purtroppo, trovandosi alle prese con ben altro genere, i ragazzi di
Liverpool avrebbero dovuto fare alcune considerazioni su quello che i
videogiocatori cercano in un titolo sparatutto. In questo caso, non
basta creare delle arene e metterci dentro un po’ di personaggi (più o
meno accattivanti) per realizzare un buon gioco che sia divertente e
coinvolgente. La popolazione videoludica alle prese con protagonisti
umani e non fatti di carburatori e valvole, desidera, esige vedere
sullo schermo ciò che rende unici gli umani: le emozioni. Con questo
non voglio dire che ogni sparatutto sia alla fine una soap opera
digitale, ma è quasi scontato che per ogni personaggio venga
tratteggiata una storia, un background che ci indichi perché si trova
coinvolto in un torneo mortale in cui vince chi riesce a sopravvivere.
Il disappunto è ancora più bruciante se si considera che i personaggi
introdotti in The Club sono addirittura otto e tutti molto diversi tra
loro. Bisogna dare atto che è stata abbozzata una minima biografia per
ciascuno di questi signori, poche righe di testo in calce allo schermo
di selezione che non rivelano nulla se non qualche notizia del loro
passato. Creare una storia che facesse da trai d’union ai vari stage
che compongono i vari livelli avrebbe solo giovato.
Per entrare nel vivo, il core del gioco è il Club, appunto,
un’organizzazione segreta che allestisce tornei in ogni angolo del
globo. Non si sa bene come entrarci e cosa bisogna fare per partecipare
alle varie gare: si intuisce qualcosa dal filmato iniziale, in cui
spesso fa la sua comparsa un biglietto da visita che reca il nome di
The Club, appunto, ma nient’altro. Un’altra via per arrivare al Club è
quella di esservici sbattuti dentro, rapiti e poi coinvolti in questo
sanguinoso torneo.
A capo di tutto c’è il personaggio inquietante del Segretario, un
ometto dai modi un po’ untuosi, vestito di tutto punto che si preoccupa
di organizzare tutto. In realtà si sa ben poco di lui e il suo passato
(ma anche il presente e il futuro) saranno avvolti dal mistero più
fitto fino alla fine e oltre.
I veri protagonisti del gioco sono i moderni gladiatori ingaggiati a
partecipare al torneo. Ci troviamo di fronte come già accennato a ben
otto figure, delle categorie più disparate. C’è il cacciatore russo,
l’agente infiltrato giapponese, il poliziotto senza macchia e senza
peccato, fino all’inquietante Nemo, dal volto coperto dal cappuccio del
suo parka. Ci troviamo di fronte a personaggi bidimensionali, senza
carisma e assolutamente intercambiabili. Non ce ne sarà uno che ci
piacerà più di un altro, non ci sarà alcun motivo per affezionarci a
nessuno di loro e saremo costretti ad utilizzarli tutti solo per
completare il gioco al 100%. Con tutto questo materiale si sarebbe
potuto fare decisamente di più in questo senso, cercando di rimpolpare
il gioco e di condurre il videogamer verso la conclusione quanto meno
con un’espressione sorpresa negli occhi. Purtroppo da questo punto di
vista Bizzarre creations ha mancato del tutto il bersaglio,
tralasciando un aspetto quanto mai fondamentale per questo tipo di
gioco.


L’uomo in fuga

Scelto il nostro alter ego viene il momento di entrare nella mischia e
cercare di portare a casa la pelle. La modalità di gioco principale è
il Torneo. Verremo catapultati in diverse location sparse per il mondo,
in cui dovremo affrontare determinate prove con l’unico scopo di
annientare quanti più nemici possibili. Le varie modalità di gioco
offline si palesano fin da subito e mostrano tutta la loro monotonia.
Nelle varie arene postmoderne in cui ci caleremo avremo un solo
obiettivo: uccidere. Su questo cardine principale ruotano le varie
variazioni sul tema: il classico ‘arriva alla fine del livello tutto
intero’ al ‘finisci il livello entro un determinato limite di tempo’,
passando per ‘fai tre giri di corsa devastando tutti senza far scadere
il tempo’. Tra tutte, la modalità di gioco decisamente più divertente è
la ‘sopravvivenza’. Non ha bisogno di molte spiegazioni: sopravvivere
per un certo numero di minuti, mentre orde di nemici particolarmente
aggressivi ci sparano addosso da ogni dove. In questo caso, il gioco
mostra tutto il suo potere distruttivo donando qualche sana
soddisfazione e riuscendo a saziare la nostra sete di sangue.
Descritto in questa maniera, il gameplay sembra quanto di più trito
esista al mondo. Per fortuna il The Club possiede ancora un asso nella
manica: il sistema di punteggio. Come già in PGR, guidando in maniera
sportiva e aggressiva si guadagnavano kudos come ricompensa, anche in
The Club le nostre esecuzioni più spettacolari verranno premiate con
punteggi stratosferici. Diverse variabili entrano in gioco nella
valutazione dei nostri colpi migliori: la distanza da cui spariamo, la
quantità di colpi utilizzata per annientare un nemico, la parte del
corpo che viene colpita e via dicendo. È palese che colpi alla testa
sparati da lunghe distanze avranno un valore che andrà al di là della
sola soddisfazione personale. Per aumentare l’exploit di violenza
insita in questo titolo, è stato introdotto anche un sistema di combo:
uccidere tanti nemici in sequenza moltiplicherà il nostro punteggio,
spingendoci ad uccidere a ogni secondo senza un attimo di respiro.
Il sistema di punteggio associato a questo tipo di gioco ha il pregio
di condizionare molto il modo di affrontare le partite. Ci ritroveremo
a cercare in continuazione la traiettoria più precisa, il colpo da
maestro per ingigantire il nostro bottino finale. Infatti in ogni
modalità di gioco il nostro obiettivo primario sarà quello di
totalizzare quanti più punti possibili, per poter scalare la classifica
del torneo e piazzarci nelle prime posizioni.

A una prima occhiata The Club offre un buon mix tra frenesia e sangue
freddo nelle innumerevoli sparatorie in cui verremo coinvolti. IL
sistema di controlli dal canto suo fa il suo dovere, senza far gridare
al miracolo. Su questo versante siamo ben lontani dalla perfezione ed è
cosa veramente grave in un titolo che della precisione uno dei suoi
punti di forza.
La mappatura standard dei tasti è quanto mai classica, quindi da questo
punto di vista ci ritroveremo immediatamente a casa nostra: le due
levette per gli spostamenti, i grilletti per sparare e prendere la
mira, più i vari tasti associati ad altre azioni (capriole, granate,
corsa). Cosa c’è che non va, allora? Nell’insieme si ha l’idea che il
sistema di comandi sia leggermente legnoso. Siamo ben lontani dalla
fluidità e naturalezza visti in altri titoli simili.
Un’altra grande pecca è la mancanza di un tasto per accucciarsi e
mettersi al riparo. In un gioco del genere sarebbe stato quanto mai
utile, soprattutto negli stage in cui bisogna evitare i proiettili
nemici asserragliati in una sola postazione. In realtà, a lungo andare
si può anche soprassedere su questa mancanza a causa della scarsissima
intelligenza artificiale che anima i nostri avversari. La maggior parte
di loro si comporterà come semplice carne da macello, venendoci
incontro armati si miserrime pistelette a tappo, a viso scoperto senza
nessuna paura di morire. La loro forza sta tutta nel numero, ma non
certo nella strategia. Inoltre, cosa veramente fastidiosa, i nemici
appariranno sempre negli stessi punti, tanto che se ripeteremo uno
stage sapremo in anticipo dove andare a sparare. Capirete come questo
comportamento prevedibile del gioco sia una grave pecca che ne mina la
longevità e lo rende monotono, ammazzando il senso di sfida. Ripetere
un livello per migliorare un punteggio diventa ridicolmente facile,
sapendo in anticipo da dove sbucheranno i nemici, non trovate?
A migliorare le sorti del titolo di Bizzarre Creations è il buon
compartimento militare che lo compone: avremo a disposizione un buon
set di armi, che spaziano dalle pistole ai fucili fino all’immancabile
e distruttivo lanciamissili. La potenza e la precisione delle varie
armi sono ben calibrate, abbastanza da avvertire la differenza netta
che corre tra sparare con una mitraglietta e con un fucile d’assalto.
Ben reso anche il rinculo e l’effetto che l’arma ha su chi sta
sparando: come in molti giochi del genere è sempre bene sparare
raffiche corte e ritmate, anziché scaricare un intero caricatore a
vanvera, a discapito della precisione e con un enorme spreco di
munizioni.


Images and words

Dal punto di vista grafico, The Club mostra un risultato senza infamia
e senza lode. Siamo ben lontani dalla magnificenza di Gears of War o
dagli enormi spazi aperti che abbiamo esplorato giocando ad Halo. I
livelli si lasciano apprezzare per le varie location, che spaziano da
una prigione in disuso a una vecchia villa abbandonata, fino ai vicoli
e alle calle scalcinate di una Venezia decrepita e disabitata. Le
texture che rivestono le pareti sono dettagliate ma non lasciano certo
a bocca aperta. In più l’interazione con l’ambiente è pressochè nulla,
se non per la presenza di alcuni bidoni esplosivi.
I protagonisti del gioco sono ben dettagliati e i loro movimenti
risultano naturali e fluidi, mentre dall’altra parte della barricata,
ci troviamo di fronte a nemici tutti uguali spalmati tra varie etnie ma
vestiti praticamente sempre allo stesso modo.
Gli effetti di luce e le esplosioni sono realizzati discretamente.

Il versante sonoro del gioco non è malvagio, manca di quel mordente
necessario a dare risalto all’azione che si svolge sullo schermo. Data
la totale assenza di una trama non bisogna neanche prendere in
considerazione la drammaticità della colonna sonora, che in questo caso
serve solo ed esclusivamente da accompagnamento all’insana violenza del
gioco.
La riproduzione degli spari purtroppo è mediocre. A parte qualche colpo
davvero rumoroso, molte armi soffrono di raucedine e abbassamento di
voce, risultando poco incisive durante le detonazioni. Anche le granate
purtroppo soffrono di questo difetto, assomigliando poco più a dei
petardi ipertrofici.
Il doppiaggio è in italiano per la voce fuori campo che commenta le
nostre gesta, soprattutto quando eseguiamo qualche uccisione veramente
travolgente. Un discorso a parte merita il chiacchiericcio dei nostri
nemici: infatti a seconda del luogo in cui combatteremo, sentiremo
frasi espresse nella lingua del luogo. E’ divertente sentire i fantocci
governati dalla CPU parlare in italiano durante il livello veneziano,
incitarsi l’un l’altro e inveire contro di noi. Per fortuna non sono
stati doppiati in dialetto veneto, altrimenti tutto il gioco sarebbe
diventato una farsa!

Ci troviamo di fronte a una realizzazione tecnica media, che non lascia
gridare al miracolo, punteggiata da alcune trovate divertenti e
azzeccate. Questo non fa di The Club un gioco che sia minimante
all’altezza della nuova generazione di console. Inoltre, da una casa
con una così grande esperienza in campo video ludico come Bizarre ci
saremmo aspettati una produzione di livello decisamente superiore.


Squadra vincente

Il multiplayer di The Club si presenta pieno di promesse. Una ricca
scelta di modalità di gioco fa ben sperare sulle possibilità che questo
gioco può offrire in compagnia di amici. Basti pensare che molte delle
pecche del single player verrebbero completamente a mancare: problemi
come la scarsa intelligenza artificiale e la prevedibilità dei
comportamenti dei nostri avversari sarebbero solo un lontano ricordo.
Purtroppo giocando un po’ in rete ci si accorge come la qualità del
gioco sia davvero bassa, son un sistema di combattimento impreciso e
frustrante. Talvolta non basteranno tre colpi alla testa per vedere
cadere un nemico!
Una nota di merito per la costruzione del gioco in multiplayer va alle
arene in cui ci fronteggeremo: rispetto al gioco offline esse sono
spogliate da ogni limitazione spaziale, risultando grandi tanto da
creare delle ottime situazioni di fuoco a distanza e appostamenti per
gli irriducibili cecchini.
Le partite scorrono lisce e senza problemi di connessione né di lag, rendendo l’esperienza di gioco godibile.


La lunga marcia


The Club vanta un gran numero di missioni nella modalità principale,
tante da tenere impegnati per diverse ore. Il sistema di punteggi rende
la sfida ancora più ghiotta e spinge il giocatore a ritentare il
livello più e più volte per il solo gusto di polverizzare i record.
Purtroppo una premessa di questo genere è completamente annientata da
una realizzazione che fa della monotonia il suo cavallo di battaglia,
rendendo i vari livelli delle mere fotocopie in serie, tanto da
annoiare anche il giocatore più caparbio.
Gli oggetti e i bonus sbloccabili nel corso del gioco sono in gran
numero ma nessuno tanto degno di nota da voler per forza arrivare alla
fine e ricominciare tutto da capo.
Il multiplayer aggiunge qualcosa in più, ma nulla di tanto eclatante da far aumentare a dismisura il valore del gioco.


Conclusioni

Il progetto di Bizzarre di riscrivere gli shoot’em up in chiave moderna
è alla fine un mezzo fallimento. Il tentativo di innovare un genere
vecchio e solido con la sola aggiunta di un sistema di punteggi ripreso
da un gioco automobilistico non è stata una scelta vincente sotto molti
aspetti. Purtroppo molte mancanze e omissis presenti in questo gioco lo
relegano in una categoria di titoli che potremmo tranquillamente
etichettare come incompleti: l’assenza di una trama, un comportamento
dei nemici quanto mai stolido e per finire una realizzazione tecnica di
second’ordine infangano un lavoro che sulla carta aveva classe e stile
da vendere.

 
PRO
  • Un vero massacro
  • Multiplayer ricco di opzioni
  • Un sacco di location diverse
  • Sistema di punteggio divertente
CONTRO
  • Assenza totale di una trama
  • Nemici idioti
  • Realizzazione tecnica di second’ordine