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Recensione di Terminator Salvation

Recensione di Terminator Salvation di Console Tribe

di: Redazione
Sono nato in un mondo che stava per morire, condannato dalla stessa
tecnologia che lo aveva illuminato, scaldato e nutrito, giustiziato per
mano dell’unico essere senziente che non era di questo Mondo: Skynet.
Ho vissuto scappando al fianco di mia madre, temendo il futuro per
quello che poteva mandare indietro e amandolo per aver mandato mio
padre. Sono John Connor e sono sopravvissuto al giorno del giudizio per
combattere e far risorgere l’umanità





Crescita di un eroe



La trama che permea l’intera serie di Terminator è ben nota a
tutto il mondo di appassionati e non. Fin dal primo esordio
cinematografico nei lontani anni ’80 con la pellicola di Scott,
l’ambientazione cyberpunk ha stregato l’audience, presentando dei
personaggi fuori dai canoni e una storia metatemporale affascinante e
coinvolgente. In questi giorni arriva nelle sale cinematografiche il
quarto capitolo della serie, il grande passo avanti fatto in questa
occasione sta tutto nell’ambientazione. Finalmente, dopo anni di
attesa, un intero film sarà dedicato agli anni bui che sono
seguiti all’attacco di Skynet: le sequenze di apertura del primo
Terminator e del secondo (firmato Cameron) prendono vita in questa
storia di largo respiro, regalando a tutti gli spettatori la visione di
una Los Angeles postapocalittica in cui gli umani cercano di resistere
strenuamente al genocidio messo in pratica dalle macchine assassine di
Skynet.

Come per tutti i film ad alto budget, non poteva mancare un’appendice
videoludica a sottolineare l’aspetto commerciale di questi
investimenti. Per evitare inutili ripetizioni e rimandi alla trama
principale del film, la storia raccontata in poligoni è
antecedente alla sua controparte in celluloide di ben due anni.
Seguiremo le gesta di John Connor in quel periodo turbolento in cui
deve dimostrarsi valido per comandare la Resistenza e sconfiggere le
macchine sul loro stesso campo. Si tratta dell’ultimo vero esame prima
della consacrazione, la summa di tutto quello per cui sua madre ha
combattuto e l’ha addestrato.

Come tutti i racconti di formazione, anche in questo caso non mancano
dei personaggi comprimari, degli amici che lo supportano e che credono
in lui. E qui compare la vera grande pecca del gioco in materia
narrativa: molti degli alleati di John Connor sono insipidi e poco
caratterizzati, quasi di plastica e metallo al pari dei nemici che
cercano di distruggere. La storia procede stancamente verso al
conclusione annunciata, senza neanche grandi svolte o colpi di scena,
tanto che a un certo punto si potrebbe fare a meno di seguire la trama,
se non fosse per le invadenti e prolisse scene in computer grafica che
tagliano l’azione come un’accetta, spezzettando il divertimento in
tante piccole insulse parti.





Distruzione controllata



Considerata la natura esplosiva e rumorosa del film, l’approccio al
gameplay è scontatissimo: un normalissimo sparatutto in terza
persona come ormai siamo abituati a vederne a tonnellate. La
realizzazione è stata affidata ai ragazzi di GRIN che già
ci avevano in parte illuso con Wanted: Weapons of Fate. La formula non
è cambiata granché: la telecamera è fissa alle
spalle del protagonista che volteggia con la stessa grazia di un
rachitico per le rovine di una Los Angeles devastata dalla guerra.
Immancabile il sistema di copertura alla Gears of war tuttavia in
questo frangente si può notare un accenno di originalità
e inventiva. Infatti premendo il tasto A mentre si è nascosti si
aprirà un menu circolare che ci mostra le varie alternative a
nostra disposizione: dietro una Buick annerita dal fumo o alle spalle
di un cumulo di macerie diroccate. Sta a noi decidere e vedere John
Connor lanciarsi in quella direzione sfidando i proiettili dei nemici.
In realtà, quel che di bello c’è in questo sistema
è rovinato da una realizzazione approssimativa e buggata, che
non sempre ci regala il risultato sperato. Può capitare anche
troppo frequentemente che il personaggio si blocchi contro qualche
angolo, che si lasci trasportare dalle proprie emozioni e vada da
tutt’altra parte, che viva di vita propria fregandosene di quello che
noi cerchiamo di comandargli. La situazione può diventare
davvero frustrante se abbiamo di fronte a noi un nutrito numero di
nemici che cercano di farci la pelle.

A proposito dei nemici: nonostante a capo della minaccia terrestre ci
sia una intelligenza artificiale superiore, il tipo di nemici che ci
verrà incontro sarà limitatissimo. Ci sono infatti solo
tre categorie di robot da sfidare e devastare: i robot umanoidi T-600,
i droni volanti e i robot a forma di ragno. La particolarità di
queste diverse unità sta nel fatto che ognuno di loro è
sensibile a determinati tipi di munizioni. Ad esempio i robot ragno
sono molto deboli nei confronti delle pallottole nude e crude, mentre i
T-600 soffrono se attaccati con gli esplosivi. La profondità del
gameplay finisce qui. Tra l’altro, sparare un T-600 con un mitra
anziché con un lanciagranate lo porterà comunque alla
morte, ma con uno spreco di munizioni superiore. Quindi in linea di
massima si può tranquillamente decimare l’esercito di Skynet con
una sola arma, senza preoccuparsi del domani.

Un minimo di adrenalina ce la regalano i grandi Hunter-Killers,
astronavi volanti armate di tutto punto che scandagliano il suolo alla
ricerca di poveri umani da trucidare. Purtroppo la loro presenza
è davvero minima, abbassando il livello di sfida già
infimo.

Per spezzare la monotonia del gioco, intervengono delle sezioni in cui
saremo costretti a metterci ai comandi di una torretta sul retro di
jeep modificate, con l’unico intento di sparare a tutti robot che
cercano di disarcionarci. Qui il gioco dà il peggio di
sé. Tralasciando il fatto che non possiamo guidare la jeep e
possiamo solo fare il secondo uomo, avere la mitragliatrice tra le mani
non ci dà nessun senso di potenza come quello provato nei vari
Call of Duty, per esempio. Il sistema di puntamento è a dir poco
fastidioso, impreciso e frustrante, con i proiettili che volano via
come coriandoli, senza tener conto di dove stiamo mirando.

A farci compagnia durante tutta l’avventura ci saranno altri personaggi
governati dall’IA. Saranno al nostro fianco in battaglia, ma
effettivamente non ci si accorge della loro presenza se non dalle frasi
stupide e ripetitive con cui ci apostrofano. Il loro apporto al
combattimento è nullo e come premio possono pure guidare le
jeep! Tutto lo sporco lavoro ricade sulle nostre spalle.

L’arsenale a nostra disposizione è nella norma: fucili,
mitragliette, lanciagranate, bazooka, granate di vario genere e
condimento. Insomma ce n’è per tutti i gusti, anche se come
già detto avremo tre sole famiglie di munizioni: pallottole,
granate e esplosivi. Sta a noi sfruttarle al meglio, ma senza grossi
patemi, visto che il campo di gioco è strapieno di ricariche e
armi.





Visioni postapocalittiche



La grafica di Terminator Salvation è altalenante, fatta di
tocchi di classe e cadute di stile che rendono la godibilità del
gioco difficile da apprezzare.

Da una parte, ci sono le varie cutscene in computer grafica che fanno
davvero cascare la mandibola al suolo tanto sono ben fatte, sia per la
realizzazione tecnica che per le scelte registiche. Si respira la vera
anima action del titolo, con esplosioni, fuoco e fiamme, proiettili
vaganti e tanti robottoni indiavolati! Insomma, è Terminator,
cosa vi aspettavate? Se proprio vogliamo trovare un difetto in queste
scene di intermezzo, possiamo solo dire che sono fin troppe.
Interrompono in continuazione il gioco, rendendolo singhiozzante e
spezzettato, facendo agonizzare quel po’ di pathos che si ricerca in
uno sparatutto.

Quando si entra nel gioco vero e proprio, arrivano i tristi dolori! I
personaggi sono realizzati con un numero non elevatissimo di poligoni,
sono animati in maniera approssimativa tanto da apparire legnosi e
hanno un livello di dettaglio delle texture molto scarso. John Connor
non è Christian Bale (se qualcuno se lo stesse chiedendo) e
questo perchè il gioco è ambientato prima che il
protagonista prendesse le sembianze del celebre attore. I personaggi di
contorno sono… solo di contorno, quindi fanno praticamente da
tappezzeria elettronica senza brillare di luce propria. Gli stessi
nemici non hanno quell’aria di pura cattiveria che ci si aspetta dalla
rappresentazione di macchine ribelli e assetate di sangue, votate alla
distruzione del genere umano.

Un lavoro ben diverso è stato fatto per l’ambientazione,
giustamente apocalittica nella sua devastazione. La resa finale della
Los Angeles rovinata dalla guerra in corso è addirittura
convincente, con i suoi palazzi diroccati e i colori sabbiosi e
grigiastri che fanno da sfondo. Le macerie sono presenti ovunque e
lasciano un senso di triste vuoto al solo pensiero di quello che prima
sorgeva là dove ora ci sono solo mozziconi fumanti di colonne di
cemento e carcasse di automobili. La creazione di un mondo alla fine
dei suoi giorni, mangiato da un cancro ipertecnologico e spietato,
è stata resa con forza e cura dei particolari. Purtroppo questi
risultati non controbilanciano il resto del lavoro fatto dai GRIN che
risulta sotto tono e scialbo, non adatto a questa generazione di
console.





Le urla del silenzio



Il sonoro di Terminator Salvation è supportato dallo score
cinematografico, dal motivo che tutti siamo stati abituati ad amare nel
corso dei vari episodi che abbiamo vissuto in più di vent’anni
di proiezioni. La colonna sonora ripropone il refrain principale della
pellicola, con la sua voce triste e melodiosa, tripudio e
sottolineatura di una guerra ancora in corso e che forse non
finirà mai.

La nostalgia che ci accompagna in questi ricordi di un tempo che fu,
viene immediatamente infranta dalla presenza di dialoghi insulsi e
inutili, fatti di battute trite e scontate, recitate da alcuni
svogliati bambini delle scuole elementari e che nulla hanno a che fare
con le voci originali del film. Come al solito il cattivo doppiaggio
cala il suo colpo di scure, facendo capitolare il gioco nell’abisso
dell’orrido.

Gli effetti sonori sono vagamente all’altezza della situazione ma non
fanno certo gridare al miracolo. Sono abbastanza assordanti da
coinvolgere il giocatore nelle infinite sparatorie, ma non sono poi
così ispirate da catapultarci direttamente in mezzo all’azione.





Paura di Skynet



Il gioco presenta addirittura una modalità coop, per dividere la
sofferenza con un amico (o un nemico). Purtroppo, per rimanere fedele
alla trama del film, che vede nella rete il peggior nemico, la
modalità multiplayer è fruibile solo in locale. Forse la
paura di scatenare Skynet in giro per Xbox Live o il PSN ha fatto
temere agli sviluppatori un crash del sistema, tanto da non pensare
minimamente di implementare una qualsiasi modalità multiplayer
online. Il fedele split screen viene in nostro soccorso, per ricordarci
di quanto fosse bello giocare in coppia nei lontani anni ’80 e ’90… e
di quanto fosse scomodo!

Perchè allora condividere la (dis)avventura con un amico? Per il
solo motivo di allungare un po’ il brodo e far durare una spesa di 60
euro un po’ più di 5 ore. Avete capito bene: il titolo in
questione ha una lunghezza del Decalogo di Kyeslowski (ed è
addirittura meno appetibile!). E non bastano i vari livelli di
difficoltà a rimpolpare Terminator Salvation, ridotto
com’è all’osso (anzi allo scheletro di metallo!).





The Judgement Day



Non smetteremo mai di chiederci per quale maledetto motivo i
videogiochi tratti dai film (o dai cartoni animati o dai telefilm)
debbano per forza essere insulsi e insipidi, senza nessuna trama e
conditi con dialoghi risibili. Molti chiamano in causa la mancanza di
tempo e le costrizioni delle Major che pretendono l’uscita del gioco in
contemporanea col film, altri dicono che i soldi stanziati per questi
progetti collaterali siano pochi e in rapporto i risultati sono
addirittura encomiabili. La realtà è che ancora nessuno
è in grado di dare una risposta certa a questa domanda, e noi
poveri videogiocatori ci troviamo di fronte all’ennesima
illusione/delusione di quanto un gioco poteva essere e non è
stato. Purtroppo, tanti sono i film in arrivo e altrettanti saranno i
prodotti a essi associati che arriveranno nelle nostre case pronti a
inquinare le nostre amate console. Per adesso vi consigliamo di stare
alla larga da questo Terminator Salvation, a meno che non siate dei
masochisti impenitenti o dei fanatici collezionisti che ucciderebbero
per avere un T-1000 tutto per sé. Il gioco è davvero
pieno di brutti momenti da oscurare quel che di buono si è visto
in tutta l’avventura, per non parlare di una durata infima e di vuoti
realizzativi che non hanno nessuna spiegazione. Da evitare (o da
regalare al vostro peggior nemico. Ma attenti alle rappresaglie:
potrebbe obbligarvi a giocarlo in split screen!).