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Recensione Recensione di Il Signore degli Anelli: La Guerra del Nord

Recensione di Il Signore degli Anelli: La Guerra del Nord di Console Tribe

di: REdeiDESIDERI

Era l’ormai lontano 2003, quando la stirpe di Isildur si erse di nuovo sul trono di cui reclamava il diritto nel capitolo cinematografico de “Il Ritorno del Re” sconfiggendo una volta per tutte il Signore Oscuro Sauron, e da allora poco è cambiato. Se è pur vero che molte lune sono passate dalle imprese su pellicola enarrate dal sempre ottimo Peter Jackson, è altrettanto vero che la saga de “Il Signore degli Anelli”, conserva in sé ancora un fascino ed una potenza primigenia, tale da eguagliare la stessa forgia dell’Unico Anello. Saranno forse le gesta e l’ascesa di Aragorn, o la sofferta traversata di Frodo e Sam, o ancora l’instancabile tempra di Gandalf, fatto sta che nei cuori di migliaia di genti (umane e non), la saga partorita dal genio di Tolkien è sempre ben impressa. A dispetto dell’uscita di qualsiasi libro o film, il mercato videoludico ha continuato nel corso degli ultimi anni a sfornare una quantità impressionante di titoli. Siano essi action, adventure, RTS o MMO, la fortuna della saga tolkeniana non è però stata all’altezza delle aspettative dei fan che, dinanzi all’epicità di un prodotto cartaceo e cinematografico di tutto rispetto si sono spesso ritrovati dinanzi a videogiochi profondi ed avvincenti come un pantano delle Tumulilande. Questo non ha tuttavia scoraggiato Warner Bros Games, tant’è che dopo il recente (e deludente) “Le Avventure di Aragorn”, la compagnia americana ci riprova affidando a Snowblind Studios la realizzazione di ISDA: La Guerra del Nord. Un action-RPG per risollevare le sorti della saga dell’Unico Anello? Proviamo a crederci.

“Con la sua lunga mano, Sauron avrebbe potuto compiere azioni malvagie al Nord. Eppure, tutto ciò è stato evitato grazie al manipolo di eroi che gli si sono opposti”

Andando in controtendenza a quello che è il filone tipico dei prodotti su licenza, ISDA: La Guerra del Nord propone non una versione riveduta o “variata” della trama che ha fatto da sfondo alla celeberrima saga letteraria, ma piuttosto un episodio ad essa parallelo che ci porterà solo marginalmente al fianco degli eroi dell’iconografia classica dell’epos di Tolkien. La trama, infatti, si distacca coraggiosamente dalle vicende dell’Anello del Potere e della Compagnia per trasportarci di peso nelle più sconosciute ed ignorate terre del nord dove una minaccia oscura e potente mina il sottilissimo equilibrio della pace. Traendo spunto dalla frase all’inizio di questo paragrafo (e pronunciata da Gandalf ne “La Compagnia dell’Anello”), gli sviluppatori hanno ipotizzato quello che sarebbe potuto essere lo scenario bellico nel Nord della Terra di Mezzo ai tempi dell’avanzata delle armate di Sauron. Incontreremo dunque gran parte dei personaggi che hanno reso celebre tanto i libri quanto i film, compresi alcuni volti meno noti dell’intera epopea tolkeniana, tuttavia non prenderemo parte direttamente alla spedizione dell’anello, né impersoneremo personaggi come Legolas o Aragorn. A noi, piuttosto, è affidato il compito di proteggere il nord dall’incombente invasione di un male antico e nuovo, quello di un numeroneano nero: Agandaur, uno dei più potenti luogotenenti di Sauron, il cui compito è quello di sopprimere le genti del Nord in virtù di quella che poi sarà la guerra enarrata ne “Il Ritorno del Re”. Nelle nostre mani non uno, ma ben tre eroi completamente inediti e provenienti dalle tre razze fondamentali della Terra di Mezzo. Farin, nano e campione di Erebor; Andriel, elfa e signora del sapere di Granburrone; Eradan, uomo e ramingo dei Dùnedain.

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Con una trama simile pareva normale aspettarsi un prodotto la cui epicità potesse quantomeno eguagliare lo sviluppo su cui si sono incentrati libri e film, invece ecco che, seppur con dei momenti di assoluto interesse, il plot sembra non decollare mai, talvolta perdendosi addirittura in una mezza infinità di dialoghi la cui piattezza e lunghezza non farebbero pensare a situazioni di pericolo imminente. È pur vero che, a spezzare una lancia a favore del titolo, ci pensano un’ottima caratterizzazione artistica e l’assoluta sovrapponibilità delle scelte artistiche fatte dagli sviluppatori e di quelle fatte dalla produzione cinematografica del film (da che mondo è mondo Aragorn = Viggo Mortensen). Tuttavia, non avendo poi molto a che fare con le gesta della Compagnia, questo sotteso fascino passa nettamente in secondo piano. Per quanto sia possibile accanirsi alle gesta dei nostri tre eroi, questi ricopriranno sempre un ruolo marginale all’interno del giocatore, soprattutto se questi è un fan della saga. Non basteranno insomma le parole di Aragorn a farci pensare di essere importanti per la causa, per quanto l’idea di essere utili alle gesta che porteranno Frodo su Monte Fato sia di indubbio fascino, quell’idea sottesa di vivere una storia tutto sommato superflua sarà sempre molto forte, a maggior ragione della stessa volontà dei nostri tre protagonisti che, poveri di una qualunque profondità psicologica, chiederanno a eroi come Gandalf più e più volte di scendere in prima linea. E se lo vogliono loro, perché non dovremmo volerlo noi?!

“Certe strade, è meglio intraprenderle che rifiutarle, anche se il loro esito è oscuro.”
(Le Due Torri)

ISDA: La Guerra del Nord è, come detto, semplicemente un action-RPG, che nulla fa per distaccarsi o differenziarsi da quelli che sono i cliché tipici di questo genere di videogame. Possiamo quindi scindere l’esperienza ludica del titolo Snowblind in due componenti distinte: quella esplorativa a base di interazione con NPC e quest, e quella più propriamente action, fatta di botte da orbi ed equipaggiamenti vari. Largo dunque ad esplorazioni in tutte le salse di città più o meno estese in cui, grazie alla proverbiale lingua d’oro degna di ogni protagonista di RPG (che si rispetti), potremmo accaparrarci una mezza infinità di missioni tutte piuttosto prevedibili. Da improbabili sfide a suon di indovinelli al recupero di armi, passando poi per consegne di doni o ricerca di gente scomparsa. In tal senso ISDA non si fa mancare nulla, risultando a conti fatti paradossalmente blando visto che, nonostante la sua anima profondamente RPG, non si preoccupa né di offrire un’esperienza completa, né di appagare l’utente con qualche scelta nuova o azzardata, risultando uno dei tanti “more of the same” del genere. Vi sono quindi NPC, ma questi si limiteranno a chiacchierare bellamente del più o del meno (ove c’è possibilità di interazione) o a figurare addirittura come belle statuine nel più dei casi facendo, quindi, un’inutile scena muta. I personaggi parlanti, poi, nonostante un ricco menù di risposte multiple ereditato da Mass Effect, non possiedono la verve o “l’esperienza” del titolo Bioware, riducendo le chiacchierate ad un ripetersi di frasi fatte o, nel meglio dei casi, ad una pletora infinita di informazioni sullo stato della Terra di Mezzo, spesso culminanti con l’assegnazione di una sub-quest del tutto superflua. Tali sezioni quindi, nonostante ci diano la possibilità di visitare luoghi celebri quali Brea o Granburrone, si riducono a conti fatti ad esperienze assolutamente noiose, utili all’ottenimento di qualche oggetto, al rinvenimento di un equipaggiamento migliore o, al più, a conoscere l’andazzo della campagna di Frodo e soci. Sempre per sentito dire, e mai per diretta conoscenza.

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“Dal dubbio e dalle tenebre verso il giorno galoppai,
E cantando al sole la spada sguainai,
Svanita ogni speme, lacero è il cuore:
Ci attende la collera, la rovina e il notturno bagliore!
Recitò queste strofe, eppure le disse ridendo. Perché il desiderio di combattere si era nuovamente impadronito di lui, ed egli era illeso, ed era giovane, ed era Re: sovrano di un popolo spietato. E mentre rideva, nella disperazione mirò ancora le navi nere e alzò la spada in segno di sfida.”

(Il Ritorno del Re)

Come spesso accade in titoli simili, la parte predominante dell’esperienza offerta da ISDA: La Guerra del Nord è certamente quella action in cui, armi alla mano, i nostri eroi si dovranno far strada tra orde di orchetti, goblin e compagnia cantante. In tal senso il gioco non è edificante come esperienze certamente più “complesse”, ma si fa comunque apprezzare per la sua semplicità, sempre ostentata ma mai fastidiosa. Il combat system infatti è essenziale ma riesce comunque a differenziarsi in base al personaggio scelto. Ognuno dei tre eroi differisce infatti per il proprio stile di lotta quel tanto che basta in termini di impatto sul gioco. Scegliete allora il nano, se prediligete gli attacchi ravvicinati e potenti, o l’elfa se la vostra specialità sono le magie dalla distanza ed il supporto, ed infine il ramingo, se volete un personaggio bilanciato tanto dal lungo che dal corto raggio. La duttilità del sistema di combattimento si sposa perfettamente con il ritmo frenetico offerto dal gameplay che, più che puntare ad un’intelligenza artificiale complessa, mette il giocatore di fronte a numeri di nemici talvolta esorbitanti, cosicché la gestione delle capacità del proprio eroe diverrà molto più che un vezzo, ma una vera e propria necessità. Dulcis in fundo, come da regola, ogni personaggio godrà di un set di attacchi speciali unico che lo porterà a specializzarsi ancora di più all’interno della propria classe. Se, dunque, sotto questo punto di vista il sistema di combattimento sembra avvincente, quello che impatta negativamente sul giocatore è la ripetitività di fondo del set di azioni che, seppur – come detto – andrà pian piano arricchendosi di nuove possibilità, godrà purtroppo di una spiccata ripetitività di fondo portandoci talvolta verso i lidi del button mashing più forsennato.

Volendo poi parlare della parte più propriamente ruolistica del titolo Warner, c’è da dire che anche qui, come per il sistema di combattimento, ci si sente dinanzi ad una mezza vittoria. Come da tradizione, ad ogni nemico ucciso il nostro eroe guadagnerà una certa quantità di punti esperienza con cui poter progressivamente salire di livello ed ottenere così migliorie per i suoi quattro parametri fondamentali: Forza, Destrezza, Resistenza e Volontà. A questi si sommerà un punto da spendere nel campo delle abilità e delle tecniche. Non manca poi la tipica ricerca dell’equipaggiamento, con la possibilità di vestire il nostro eroe di tutto punto con armature e gioielli provenienti da ogni dove della Terra di Mezzo. Ogni oggetto godrà poi, oltre che delle sue specifiche capacità, anche di un certo livello di resistenza da tenere sempre sott’occhio per evitare di caracollare negli scontri più duri, senza contare che alcuni di essi, oltre alle tipiche capacità elementali presenti in ogni buon RPG fantasy, potranno (o meno) far parte di un set che, similmente a quanto visto in Dragon Age: Origins, conferirà – previo completamento – alcuni bonus aggiuntivi ai parametri di attacco e difesa del nostro eroe. Perché allora parliamo di vittoria a metà? Le ragioni, a voler essere puntigliosi, sono da riscontrarsi innanzitutto sulle risicatissime possibilità di crafting. Risicatissime perché presenti solo sotto forma di sub-quest in cui, tra l’altro, vi imbatterete più per caso che per ricerca; oltre ciò sarebbe stato forse più gradevole ed entusiasmante puntare in maniera diversa sulla crescita del personaggio che, pur godendo di un albero di abilità abbastanza completo, ci darà sempre l’impressione di non progredire come ci aspetteremmo, questo probabilmente perché i set di abilità (esclusi forse quelli del mago) sembrano tutti un po’ simili e, seppur comporteranno una differenza netta sul piano delle statistiche (sarà sempre vero che un attacco è più efficace, più ampio, o più veloce di un altro), è altrettanto vero che l’aggiunta di un minimo di profondità in più avrebbe risollevato tanto le sorti della componente ruolistica quanto di quella “combattiva”, annullando forse quella sempre presente sensazione di premere i tasti più per caso che per volontà. Intendiamoci, La Guerra del Nord è tanto un discreto RPG quanto un incalzante action/adventure in terza persona, le nostre remore constatano semplicemente che “si poteva fare di più” e con qualche attenzione forse il gioco sarebbe stato interessante sia per i fan che per i giocatori dell’ultima ora. L’idea è quella di aver attinto alla recente eredità di titoli come Mass Effect e Dragon Age e di aver cercato in qualche modo di emulare (e camuffare) l’ispirazione avuta da Bioware, ma con risultati decisamente altalenanti.

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“Prenderò io l’Anello” disse, “ma non conosco la strada.”
(La Compagnia dell’Anello)

Prima di chiudere, dedichiamo qualche parola ad una componente a dir poco fondamentale dell’ultima fatica Snowblind, ossia la componente multiplayer cooperativa. A ben vedere, infatti, ISDA: La Guerra del Nord è stato decisamente pensato per essere un’esperienza appagante non tanto in singolo, quanto piuttosto in multiplayer, tanto che è possibile lasciarsi accompagnare sia in locale che in rete da ben due compagni d’arme che prenderanno prontamente il posto della I.A. di gioco. Sebbene, a rigor di cronaca, quest’ultima sia decisamente sveglia e funzionale nelle partite, ci pare evidente il fascino di un gioco simile sperimentato in compagnia di un amico. Quantunque l’intelligenza artificiale sia ottima, tanto da salvarvi più di una volta da diverse situazioni critiche, la quasi totale assenza di ordini impartibili (se non i tipici “attacca” e “difendi”), rende l’esperienza un po’ piatta, lasciando troppo nelle mani dell’I.A. le sorti di diverse situazioni. Tuttavia, se il lavoro sull’intelligenza artificiale è stato comunque encomiabile, stessa cosa non può dirsi per il multiplayer. Il gioco soffre infatti di un difetto di progettazione non da poco che mina non tanto l’esperienza in rete (piuttosto funzionale invero), ma quella in locale. Similmente a diversi titoli, quali Borderlands, il titolo Warner applicherà la cooperativa per due giocatori solo previa scelta di un profilo sulla vostra console sul quale salvare la partita del secondo giocatore. In pratica, mentre al primo giocatore è riservato automaticamente uno slot di salvataggio sul profilo principale della console, il secondo utente avrà una partita personale su un qualsiasi altro profilo, così da poter eventualmente giocare anche da solo. Se non si riscontrano particolari problemi in questa filosofia già rodata, quel che disintegra ogni speranza di divertimento è la presenza di diversi bug che spesso impedisce al secondo utente di salvare la partita! Se la cosa è di per sé già abbastanza grave (a maggior ragione di un gioco che salva esclusivamente in automatico), allora sappiate che le partite per due utenti in locale possono essere intraprese soltanto se i due hanno un salvataggio nel medesimo punto di gioco! Non che non si possa giocare comunque, ma semplicemente o al secondo utente toccherà partire dal primo livello di esperienza (situazione che corrisponde a morte certa quasi da subito), o sarà costretto a giocare senza alcuna possibilità di salvare! Gettando praticamente al vento qualsiasi oggetto, equipaggiamento o punto esperienza accumulato nel corso della partita. Decisamente demotivante.

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“E molti di loro si innamorarono della sua bellezza e della sua vicenda che videro cominciare e svolgersi come in una visione.”
(Il Silmarillion)

Sotto il profilo tecnico, La Guerra del Nord attinge senza remore all’eredità di Peter Jackson, la cui esperienza cinematografica impose all’opera di Tolkien una cifra stilistica precisa ed assolutamente calzante la cui eredità è decisamente evidente nelle scelte artistiche operate dagli sviluppatori. Purtroppo le scelte artistiche, perfettamente sovrapponibili al lavoro su pellicola, mal si adattano ad una realizzazione poligonale tutto sommato scadente e soprattutto datata. I modelli poligonali sono rozzi, talvolta persino abbozzati nel caso di certi NPC, e generalmente mal animati. Anche sotto il profilo texture, a scapito di ambienti immensi e dal feeling evocativo, troviamo un lavoro in bassa definizione ricco di sbavature. A risollevare le sorti della compagnia ci pensano un frame rate granitico e la totale assenza di tearing e pop-up con, tuttavia, la sempre incombente minaccia di un effetto aliasing vivido più che mai quando la camera si avvicina a personaggi e scenari. Anche il reparto acustico soffre di beghe non da poco. Premesse le sempre maestose musiche ereditate dalla trilogia cinematografica, a distruggere ogni sogno c’è un doppiaggio in italiano che, seppur incisivo, è spesso fuori sincrono ed associa addirittura allo stesso personaggio le voci di due attori diversi! Mancano poi tutti i doppiatori storici della serie, cosa che, vista la presenza delle sembianze digitali di Mortensen e compagni, era una cosa quantomeno sperata.

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“Chi non ha visto il calar della notte non giuri d’inoltrarsi nelle tenebre”
(La Compagnia dell’Anello)

Lungi dalla perfezione, Il Signore Degli Anelli: La Guerra Del Nord è un gioco tutto sommato divertente, che punta evidentemente non tanto ad un divertimento solitario, ma all’imbastimento di sessioni di gioco in compagnia. La sua discreta longevità (circa venti ore) e la scarsità di titoli capaci di offrire un’esperienza simile pone il titolo già in una condizione vantaggiosa, e sarebbe ancor meglio se il team di sviluppo si fosse sforzato di creare un qualcosa di più profondo e, soprattutto, di meglio sviluppato. È evidente che una pessima costruzione poligonale non è sempre sinonimo di un gioco di scarso valore (leggasi Dragon Age: Origins, tuttavia da un brand importante come ISDA ci si sarebbe aspettata almeno l’assenza di quei bug che a conti fatti inficiano persino la tanto sbandierata esperienza multiplayer. In ogni caso parliamo di un titolo che sa farsi apprezzare. Gradevole e divertente, Il Signore degli Anelli: La Guerra del Nord è consigliabile tanto ai fan quanto ai giocatori alla ricerca di un action-RPG di stampo tradizionale. Magari ancor meglio se trovato al prezzo conveniente di qualche saldo post natalizio.

“Non tutto quel ch’è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza,
Le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L’ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quel ch’è senza corona.”