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Recensione di Half-Life 2: The Orange Box

Recensione di Half-Life 2: The Orange Box di Console Tribe

di: Redazione

L’Orange Box è una compilation che consta di ben cinque giochi in un
unico DVD: Half-life 2, Episode One e Two, Portal e Team Fortress 2. Si
tratta di titoli già usciti tempo fa nella loro versione per PC e ora
riproposti per le console next-gen quali Xbox360 e PS3

Half-life 1 era stato il primo titolo ad aver introdotto una vera trama
in uno sparatutto, si configurava come un vero shooter e non un
classico puzzle game del tipo “prendi la chiave e intanto uccidi chi si
mette in mezzo”. Il gioco era quindi molto innovativo per l’epoca: per
la prima volta qualche personaggio si rivolgeva direttamente al
protagonista e gli forniva aiuti o suggerimenti utili per completare
una determinata sezione del gioco. Half-life 2, rilasciato per PC nel
2004, presenta varie innovazioni rispetto al suo predecessore ed è
finito per costituire un vero e proprio canone di riferimento per tutti
gli shooter di epoca successiva.

HALF-LIFE 2, EPISODE ONE, EPISODE TWO

TRAMA

I Combine costituiscono una razza aliena che, dopo aver invaso un
pianeta, cattura alcuni esemplari delle specie dominanti e ne apporta
alcune modifiche genetiche, tutto al solo scopo di accrescere, alla fin
fine, il proprio potere ed espandere il proprio controllo sull’universo.

Il dottor Gordon Freeman è un semplice ricercatore che lavora presso
alcuni laboratori situati a Black Mesa. Un giorno viene tentata
un’analisi allo spettrometro antimassa di un particolare minerale di
origine aliena. Le conseguenze di tale azione sono drammatiche: si
verificano varie esplosioni e fortissime emanazioni di radiazioni che
feriscono o uccidono gran parte del personale del centro di ricerca, ma
la “cascata di risonanza” che ne segue causa l’apertura di alcuni
varchi dimensionali verso altri mondi popolati da creature, purtroppo
poco amichevoli, che finiscono con l’invadere il nostro pianeta. Il
protagonista, immune alle radiazioni a causa della sua tuta HEV,
riesce, dopo varie peripezie, a provocare un collasso dimensionale e a
chiudere i portali.

Tutto sembrava tornato alla normalità, finchè i Combine, attirati verso
la Terra a causa dei disturbi dimensionali, trovano il nostro pianeta e
decidono di invaderlo, assumendone il controllo in appena sette ore.

Sono passati circa 10 anni dal disastro di Black Mesa. Il mondo è ormai
sottomesso ai Combine, mentre una piccola resistenza cerca di opporvisi
con tutte le loro forze.

GAMEPLAY

Il titolo, come già ho specificato, è un classico sparatutto in prima
persona, ma, comunque, non abbandona quegli elementi tipici di un
puzzle-game. Avremo a disposizione delle classiche armi da fuoco che
utilizzeremo per farci strada tra orde di alieni, combine, zombie o
altre mostruose creature. L’arsenale è piuttosto ampio anche se molte
armi vengono utilizzate raramente a causa di una bassa precisione o
efficacia. A ciò aggiungiamo anche una quantità di munizioni spesso
assai limitata, che da un lato rende gli scontri a fuoco più
entusiasmanti (dato il dover spesso dosare la quantità di proiettili da
destinare ad ogni singolo nemico) ma che, in alcune situazioni, può
rendere l’esperienza di gioco alquanto frustrante.
Sebbene siamo liberi di utilizzare pistole, fucili, granate, bazooka,
balestre, ecc, il gameplay di questo titolo mostra il suo vero aspetto
grazie alla “Zero-Point Gravity Gun”, meglio conosciuta come Pistola
Gravitazionale. Introdotta in Half-life 2 e poi divenuta l’arma
principale nei due Episode One e Two, consente di maneggiare materiali
pericolosi, raccogliere facilmente oggetti anche distanti e di
scaraventarli addosso ai nemici. Più che un arma, la Gravity Gun è un
utile strumento che spesso si rivela vitale per superare determinate
zone del gioco. In alcune mappe è possibile, inoltre, utilizzare
veicoli come un hovercraft o un dune buggy, che aggiungono un po’ di
varietà al gameplay.

Per quanto riguarda i nemici bisogna notare la presenza di una IA che
certamente non fa gridare al miracolo, ma che nel 2004 sicuramente
sarebbe stata definita eccezionale. I nemici, infatti, sebbene a volte
tendano a nascondersi per poi attaccare quasi di soppiatto, spesso
restano fermi, davanti al giocatore, in attesa di essere massacrati.
E’ un discorso che comunque non va generalizzato, dato che ogni nemico
si comporta in maniera differente: gli zombie di Ravenholm, ad esempio,
si muovono lentamente ed è facile notarli a distanza, per questo
giacciono a terra fingendo di essere morti e cominciano ad attaccare
solo quando il giocatore ci si avvicina. I combine, invece, attaccano
senza fare molte storie ma tendono a non cercarsi quasi mai un riparo
(ciò ovviamente consente al giocatore di reagire e rispondere al fuoco
con relativa facilità). Gli headcrabs contano molto sulle loro
dimensioni ridotte e, specie in alcuni ambienti, è difficile notarli
perchè si mimetizzano in maniera quasi perfetta: diventano facilmente
visibili solo nel momento in cui tentano di attaccare.
I livelli di gioco sono molto vasti e ricchi di particolari. Molti di
essi sono liberamente esplorabili, sebbene alla fine, per proseguire
l’avventura, sia comunque necessario procedere per un percorso
prestabilito.

Dal punto di vista dei controlli va notato come gli sviluppatori
abbiano ottimizzato al meglio lo schema dei comandi al fine di
sfruttare nel miglior modo possibile il pad Microsoft: i grilletti
attivano il fuoco primario o secondario delle armi, i pulsanti dorsali
consentono di cambiare rapidamente arma o attivano lo Sprint, il d-pad
consente di selezionare in maniera veloce ed intuitiva l’arma che si
desidera. In generale, i controlli sono ben congeniati e, sebbene
all’inizio l’uso di qualche comando possa risultare ostico, si prestano
ad un utilizzo facile e veloce anche da parte di chi non ama il genere
FPS.

GRAFICA

Tenendo conto del fatto che Half-life 2 fu rilasciato per la prima
volta nel 2004, il comparto grafico è senza dubbio eccezionale. Alcuni
effetti come l’antialising o il motion blur (aggiunti durante la fase
di porting) garantiscono una grafica limpida, chiara e pulita. Le
chiome degli alberi, i burroni, l’acqua del mare, dei ruscelli o dei
laghi sono splendidamente realizzati, tutto grazie anche ad un engine
fisico molto flessibile come l’Havok che, sebbene non raggiunga i
livelli dell’unreal engine, consente di evitare problemi legati alle
collisions. Le uniche pecche che si notano nella grafica sono dovute ad
un dettaglio delle texture a tratti scadente e ad una scarsa lucentezza
dei colori (soprattutto se confrontata con la versione pc del gioco).

AUDIO

Non c’è molto da dire per quanto riguarda il comparto audio. Le musiche
di sottofondo sono totalmente assenti e gli effetti sonori non sono dei
migliori. I doppiaggi sono completamente in inglese sebbene la versione
per PC del titolo sia stata localizzata in italiano (anche se, per
certi versi, pessimamente). In generale possiamo dire che l’audio
rappresenta l’unica grande pecca di un gioco che, per la sua ottima
realizzazione tecnica, avrebbe potuto rasentare la perfezione.

PORTAL E TEAM FORTRESS 2

Portal è un puzzle game mascherato da FPS. Attraverso l’uso di uno
speciale apparecchio siamo in grado di creare portali e collegare due
diverse zone di una mappa allo scopo di superare una lunga serie di
test. A causa di una longevità che si aggira sulle due ore circa, va
notato come, nei fatti, tutto somigli ad una sorta di demo sfruttata al
solo scopo di introdurre al giocatore il dispositivo crea-portali
(girano, infatti, rumours secondo i quali il futuro Episode Three di
Half-life 2 includerebbe tale arma). La grafica è ben curata e
leggermente migliore rispetto a quella di Half-life 2, ma anche in
questo caso la qualità offerta dalle pochissime textures presenti
lascia molto a desiderare.

Team Fortress 2 è un titolo orientato esclusivamente al multiplayer.
Seguito di quello che fu il mod più famoso del primo Half-Life, ha
abbandonato uno stile grafico fotorealistico in favore di una grafica
cartoon-style nella quale predominano il cell shading e l’antialising.
Sono presenti un totale di 4 modalità di gioco, le quali non sono
liberamente impostabili ma vengono assegnate automaticamente a seconda
della mappa scelta: nel Team Deatmatch l’obiettivo è semplicemente
quello di annientare la squadra rivale, in Capture the Flag bisogna
invece recuperare una valigietta dalla base nemica e portarla presso la
propria, evitando allo stesso tempo che gli avversari facciano la
stessa cosa; in alcuni casi, inoltre, l’obiettivo può consistere
nell’ottenere il controllo di alcuni punti strategici di una mappa,
oppure nell’attaccare e distruggere la base nemica. Il fatto che tali
modalità di gioco siano strettamente legate alle mappe fa intendere
facilmente come ogni livello sia stato progettato specificatamente per
essere giocato a quella precisa modalità stessa: si tratta comunque di
una cosa che certamente riduce (e di molto) le possibilità di
customizzazione, a differenza di quanto avviene in altri titoli (Halo
3, ad esempio) dove è permesso, invece, modificare e creare liberamente
modalità di gioco completamente nuove.
L’aspetto più interessante del titolo è senza dubbio legato alla
possibilità di personalizzare a proprio piacimento il giocatore che
metteremo sul campo di battaglia: potremo scegliere, infatti, tra una
vasta gamma di classi, ognuna caratterizzata da peculiari
caratteristiche e dai propri armamenti. Lo scout, ad esempio, può
compiere un doppio salto, la spia può diventare invisibile, il medico
può curare i compagni feriti, ecc.
Essendo ogni classe dotata di punti forti e punti deboli, emerge
chiaramente come il lavoro di squadra risulti, alla fin fine,
necessario alla vittoria. Considerate due interi team formati da
personaggi appartenenti a varie classi e ognuno che agisce secondo una
propria strategia: il risultato è ovviamente imprevedibile e fa si che,
in qualsiasi momento, la situazione di una partita si possa ribaltare
di colpo.
Il gioco, possiamo dirlo tranuquillamente, è nel complesso molto carino
e divertente, tuttavia soffre di vari bug che rendono molto difficile e
a tratti impossibile unirsi o hostare delle partite (questa situazione,
comunque, sembra sia stata risolta grazie agli ultimi aggiornamenti
rilasciati tramite l’ormai celeberrima piattaforma Xbox Live). A ciò si
aggiunge una longevità appena sufficiente, dovuta principalmente alle
poche modalità di gioco, mappe e personalizzazioni.

CONCLUSIONI

L’orange box è senza dubbio un acquisto imperdibile. Scelta obbligata
per chi ama il genere FPS, include titoli che, seppur vecchi di qualche
anno, non hanno nulla da invidiare agli shooter odierni come Halo3 o
Bioshock e garantiscono una interazione con gli ambienti senza paragoni.

 

PRO 

  • Gameplay semplice e intuitivo
  • Buona longevità nel complesso

CONTRO

  • L’audio non è dei migliori…