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Recensione Recensione di Folklore

Recensione di Folklore di Console Tribe

di: Redazione

“Questa storia è ambientata al giorno d’oggi a Doolin, una sperduta
cittadina di mare, lungo la costa occidentale d’Irlanda. Per qualche
motivo, Doolin sembra isolata dal mondo esterno: le strade che
conducono al villaggio sono dissestate e persino i pescatori nei
dintorni non osano avvicinarsi alle rive burrascose”, questo l’incipit
di Folklore, uno dei più contorti ed affascinanti titoli mai sviluppati
da Game Republic / Japan Studio.

Non è facile descrivere Folklore, demo e video avevano presentato il
gioco come un titolo con un concept innovativo, un battle system molto
divertente ed un’interfaccia estremamente semplice da usare, eppure
Folklore è molto altro, è innanzitutto un coraggioso esperimento
narrativo.

Prima di guardare il gioco in dettaglio va detto che se vi aspettate un
titolo piatto, con una storia di facile comprensione allora state
sbagliando di grosso: Folklore è innanzitutto la sua storia, una storia
fantastica a tinte fosche che, pur nella sua linearità, richiede un
grosso sforzo d’immaginazione per poter essere compresa nella sua
interezza e quindi apprezzata appieno.

Più specificatamente Folklore è essenzialmente una fiaba: sono
fiabesche molte ambientazioni e tali sono i contorni della storia
stessa, parliamo di uno stile solo marginalmente contaminato dai gusti
orientali e che anzi mantiene una caratterizzazione decisamente sobria,
agli antipodi con le atmosfere frivole tanto comuni nel paese del sol
levante oggigiorno.

Il gioco in sè ruota attorno alle vicende dei due personaggi, il
giornalista della rivista d’occultismo Keats (un uomo molto
determinato, essenzialmente interessato a trovare qualche buona storia
da raccontare ed il cui modo di fare si riflette direttamente sul suo
atteggiamento caustico e sul suo modo di vestire, decisamente sciatto e
poco curato) e l’orfana Ellen, una ragazza emaciata con un’espressione
triste a tratti inquietante che cerca disperatamente di ricordare il
proprio passato e ritrovare la madre.

Entrambi si ritrovano, per alterne vicende, nell’inquietante Doolin,
una piccola cittadina che è anche un portale per l’Oltremondo, il mondo
dei morti; qui si conoscono ed iniziano (separatamente) il loro viaggio
nell’inquietante terra dei morti.

La caratterizzazione dei personaggi è un elemento importante di
Folklore ed in generale s’è fatto molto per sviluppare i personaggi
principali in un modo credibile aldilà delle sole parole; gli
intermezzi a volte parlati, a volte muti in stile fumettistico aiutano
molto in tal senso; è stata data un’enfasi particolare alle espressioni
ed ai movimenti (i personaggi si muovono appena percettibilmente nelle
vignette che scorrono sullo schermo raccontando dialoghi ed eventi) ed
anche gli effetti sono stati curati per accrescere l’impatto
drammatico.

Il gioco inizia con l’arrivo dei due personaggi a Doolin, Ellen vi
giunge seguendo la traccia presente in una lettera anonima mentre Keats
viene indirizzato a Doolin da una misteriosa telefonata; la storia si
apre con quella che sembra una morte di cui entrambi sono testimoni
(non è chiaro quanto questa morte sia reale e quanto sia immaginaria,
tutto è ovattato ed irreale a Doolin), i nostri eroi si troveranno
quindi a cercare di capire cosa stia succedendo e, di lì a poco, li
vedremo vagare per il regno dei morti intenti a cercare le verità
sepolte della cittadina irlandese.


Viaggio a metà tra l’onirico ed il paranormale

Nell’insieme la storia regge bene anche se, per scelta stilistica, non
è raccontata o spiegata in modo lineare e/o facilmente comprensibile; i
personaggi “vivono” la loro storia, si trovano in dialoghi ed in
situazioni spesso densi di significati dove più che le parole contano
espressioni (rese magistralmente dai filmati prerenderizzati, dagli
intermezzi stile fumetto e dalle scene animate che usano l’engine del
gioco) e si lascia al giocatore l’onere di ricostruire la verità ed
interpretare le singole situazioni, compito non sempre facile.

L’effetto ottenuto è decisamente strano, Folklore non è un titolo che
“prende” subito, all’inizio è facile perdersi nei mille dialoghi, nelle
frasi a metà e nelle espressioni prosaiche o volutamente ambigue ma a
poco a poco che si gioca si viene catturati dai misteri che circoandano
Doolin ed i suoi abitanti.

E’ strano il modo in cui i personaggi vengono sballottati dal mondo
“dei vivi” a quello “dei morti” praticamente senza battere ciglio o
mostrare un minimo di stupore; per certi versi questo da un impronta
“onirica” all’intera vicenda, cosicchè alla fine non ci si stupisce
delle diverse approssimazioni o delle ricorrenti coincidenze, e si
riesce a passare sopra a diverse incongruenze che in effetti esistono
(come il pub al centro del villaggio tranquillamente aperto di sera, ma
abitato da creature sovrannaturali) ma che semplicemente “non fanno
testo”.

A poco a poco che si capisce com’è retto quell’universo e ci si
addentra nei segreti della Doolin diurna e notturna tutto acquisisce un
aspetto diverso e spesso gli abitanti del villaggio (persone scialbe e
tipicamente molto stereotipate) sembra che assumano connotati sfuggenti
ed in un certo senso “sinistri”.

Tutto è stato pensato per aiutare questa suggestione, dagli ambienti
(inquietanti e trasandati) alle musiche (principalmente dei malinconici
assoli di pianoforte) all’ambientazione cittadina (plumbea ed
opprimente) trasuda uno stato d’ansietà che permea ogni cosa, Doolin
sembra oppressa da una tristezza e da una staticità oppressive, al
punto che non vedrete l’ora che sia notte per andare nell’oltremondo,
paradossalmente più vivo e vivace del grigio paesino.

Il gioco di per sè stesso consiste nel parlare con alcuni personaggi,
recuperare oggetti che hanno un legame con i morti ed usarli per aprire
dei portali con i piani dell’Oltremondo in cui dimorano i morti stessi
(o meglio, quell’insieme di ricordi ed esperienze che caratterizzavano
queste persone quand’erano in vita) per compiere le missioni che a poco
a poco ci vengono assegnate.

Come abbiamo già detto il gioco gira sull’interazione fra il piano dei
vivi e quello dei morti, il paese stesso è doppio, di giorno è il
classico paesino inglese ma di notte si spalancano i cancelli
dell’oltremondo ed il pub diventa un ritrovo d’inquietanti (e
grottesche, tanto da stonare col gioco) creature .

L’oltremondo è il luogo in cui finiscono tutti i ricordi dei morti ed i
pensieri dei vivi ed è diviso in piani, piani che rappresentano i vari
pensieri della mente umana (Faerie ad esempio è il mondo del gioco dopo
la morte) e che sono popolati sia da creature benigne che ci aiuteranno
e parleranno con noi sia dai Folk, “spiriti” che dopo aver perso la
loro umanità sono diventati delle presenze ostili che, sotto varie
forme, ci attaccheranno a vista.

I mostri di Folklore (come il background del gioco stesso) sono
qualcosa di fenomenale, il design estremamente fiabesco li rende
gradevoli (o sgradevoli) al punto giusto da non annoiare e tanto i
piani quanto i folk che li popolano sono così vari che è impossibile
trovarli ripetitivi; anche i paesaggi, seppure non troppo complessi dal
punto di vista architetturale, sono riccamente decorati.

A mano a mano che si andrà avanti sarà possibile andare nel pub (che
personalmente considero un pugno in un occhio per quanto sono
grotteschi i suoi “frequentatori” notturni) per eseguire missioni extra
(sia presenti originariamente sia da scaricabili in seguito) che
aggiungono qualcosa in termini di longevità; le frequentazioni fra
giorno e notte cambiano, e con esse anche le possibili missioni…

Ellen e Keats hanno una loro dimora in cui possono dormire per passare da una fase (giorno/notte) all’altra e salvare il gioco.

Oltre a questo si segnala la possibilità di scaricare dal PSN vestiti
addizionali sia per Ellen che per Keats, tali vestiti possono essere
usati al posto di quello di base quando si gira per il villaggio.

E’inoltre presente una modalità online in cui si possono fare e/o
caricare dei dungeon da giocare e sulle quali sono stilate delle
classifiche, nulla di particolarmente eccitante, ma di sicuro qualcosa
di lodevole vista la difficoltà di aggiungere qualsiasi cosa sia
remotamente “online” a questo genere di giochi.



Una giocabilità bizzarra


Il gameplay di Folklore è decisamente strano: veniamo catapultati a
Doolin dove si comincia parlando con i (pochi) abitanti e si esplorano
le locazioni che poi, di notte, diventeranno portali per l’Oltremondo,
eppure non c’è un punto di rottura fra questa parte, in cui si parla
con i vari personaggi del villaggio e si gira per le locazioni
disponibili eseguendo alcune azioni e l’azione in sè, quella in cui si
combatte contro i folk e si sviluppano abilità.

In pratica il gioco ha una doppia valenza, da un lato è un racconto con
una trama principale e diverse sottotrame e dall’altro è un action in
cui bisogna avanzare di locazione in locazione.

La parte esplorativa / investigativa è decisamente lineare e c’è ben
poco da dire su di essa, non ci sono enigmi e la buona parte del tempo
la si passa a vagare alla ricerca della persona con cui parlare o
dell’oggetto da recuperare mentre l’azione vera e propria si svolge
nell’Oltremondo.

Il gioco in sè consiste nello sconfiggere i vari folk per avanzare, la
cosa innovativa è che una volta sconfitti i folk è possibile
annientarli completamente (continuando a colpirli) o assorbire il loro
spirito (detto id); in effetti tanto Keats quanto Ellen non combattono
in prima persona, usano piuttosto gli spiriti assorbiti che il
giocatore associa ai quattro tasti del pad.

Ogni id ha un suo attacco che consuma un tot di potere mentale,
l’energia mentale è finita (e rappresentata dalla seconda barra sullo
schermo) ma si rigenera molto in fretta cosicchè è possibile attaccare
a ripetizione con i folk più semplici ma può capitare di dover
attendere qualche istante per recuperare dopo un attacco più potente.

I poteri dei vari folk variano, cosicchè si passa da folk “d’attacco”
propriamente detti a folk capaci di evocare delle barriere ad altri
folk che, a seconda del tempo di evocazione hanno attacchi più o meno
forti.

Nel dettaglio per poter assorbire un folk è necessario colpirlo fino a
quando non apparirà il suo spirito (id), una volta che lo spirito sarà
vulnerabile (cioè rosso) il nostro eroe potrà agganciarlo (con L1) e
letteralmente “tirarlo a sè” usando il sixaxis.

Ovviamente le cose non sono così facili, alcuni id una volta agganciati
sono “vulnerabili” solo per pochi secondi (cioè sono verdi per la
maggior parte del tempo ed il giocatore deve “tirare” solo quando sono
rossi) e richiedono diversi “colpi” per poter essere estratti, altri
richiedono di compiere diverse operazioni col sixaxis (come
sbatacchiarli a destra ed a sinistra “a ritmo”) ed altri ancora
rivelano il loro id solo se colpiti da specifici attacchi.

Inutile a dirsi, quando proviamo ad assorbire un id siamo vulnerabili
per cui è importante saper valutare i tempi e scegliere il momento
giusto, di contro c’è un bonus all’esperienza se si riescono ad
assorbire due o più id contemporaneamente.

Più id si assorbono più si “migliora” la propria evocazione, cosicchè a
mano a mano che si assorbono id si rende il proprio attacco (con quel
folk) più potente, meno dispendioso come energia e/o più veloce.

I nemici a loro volta possono essere invulnerabili all’attacco di
alcuni id, cosa che ci costringe a variare la strategia a seconda degli
avversari; và comunque detto che nel corso delle nostre avventure
recupereremo le pagine di un diario che spiega, con immagini abbastanza
esplicative, il modo migliore per sconfiggere gli avversari più ostici.


Nella pratica il gameplay è abbastanza simile sia quando si gioca con
Keats sia quando si gioca con Ellen, con l’unica differenza che Ellen
ha la possibilità di “cambiarsi d’abito” (può cioè recuperare ed
indossare appositi abiti recuperati nell’Oltremondo stesso, abiti che
hanno diversi poteri ed immunità) mentre Keats può “trapassare” (in
pratica una specie di “god mode” attivabile quando una barra è piena).

L’oltremondo è “personale” cioè muta a seconda di chi l’attraversa,
escamotage pensato dagli sviluppatori per fare in modo che gli
avversari siano leggermente diversi a seconda che si giochi con Keats o
con Ellen.

In generale il gioco in sè non è estremamente complesso, basta saper
scegliere gli id giusti, saper schivare ed avere i riflessi pronti per
riuscire ad avanzare senza troppi problemi nell’oltremondo senza grossi
problemi anche se bisogna ammettere che l’oltremondo di Keats è più
difficile di quello di Ellen e che spesso, quando si prende il gioco
sottogamba, è facile finire in situazioni quantomeno stressanti (come
affrontare un folk senza avere il giusto id per contrastarlo).

Esistono decine di folk dai quali possiamo assorbire gli id e spesso
gli attacchi sono discretamente gradevoli all’occhio, cosa che non
guasta visto che la stragrande maggioranza del tempo la passeremo
attaccando orde di nemici che sono più o meno resistenti a certi
attacchi e che quindi, come ovvia conseguenza, ci costringeranno ad
“adattarci”.

L’intelligenza artificiale non è delle più complesse ma fa il suo
lavoro senza infamia nè lode, essendo la stragrande maggioranza degli
attacchi da corpo a corpo è più che normale che l’IA in pratica passi
il tempo a cercare di circondarci per poi attaccare, il numero dei
nemici e la loro forza/velocità fa il resto.



Engine e grafica da sogno?


Il mondo è fatto a locazioni stagne; alcune locazioni sono “di guerra”
nel senso che è vi si incontrano solo mostri, le altre sono
“d’esplorazione” e ci sono solo personaggi con cui parlare, i
caricamenti sono discretamente veloci ed in generale non si rimane mai
fermi per più di una manciata di secondi ad aspettare che venga
caricata la stanza successiva.

L’azione non è mai particolarmente frenetica ma è decisamente serrata,
grazie alla immediatezza dei controlli ed al gameplay pensato da Game
Republic si possono passare ore a combattere contro i folk senza
stancarsi, cambiando id ed affrontando i diversi folk in giro per i
piani d’oltremondo con un pad mai stato così intuitivo.

La cosa che invece da un certo fastidio è che, probabilmente per
considerazioni di memoria, gli attacchi dei nostri eroi non sono tutti
in memoria; quando si seleziona un nuovo id ed il conseguente attacco
il gioco si ferma per un attimo per caricare il nuovo attacco; stessa
cosa avviene col “trapasso” di Keats e questo vuol dire che, tanto
all’attivazione quanto alla disattivazione, il gioco si ferma per un
istante per caricare texture e simili.

I tempi relativi a questi “cambi” vengono ridotti se si decide
d’effettuare l’installazione su disco rigido (è una delle voci del menù
principale) ma non si possono annullare, e questo può dar fastidio
perchè per certi versi “spezza” il ritmo.

Oltre a quello il gioco è fluidissimo anche quando su schermo ci sono
molti nemici ed in generale non ci sono rallentamenti di sorta neppure
davanti a “boss” o in scene particolarmente concitate.

Quel che salta subito all’occhio è la mancanza (o comunque la
scarsissima presenza) di antialiasing ma la cosa per qualche strana
ragione non da particolarmente fastidio, probabilmente perchè il gioco
è letteralmente infarcito d’effetti grafici, dal pulviscolo delle
stanze alle lucciole passando per i turbinii di petali, pixie, farfalle
multicolori e molto altro ancora, tutto perfettamente animato a 720p,
una gioia per gli occhi.

E’ facile che si sia deciso di non usare un antialiasing pesante per
non perdere nulla del dettaglio (davvero impressionante) e della
brillantezza che si trova nei vari piani d’oltremondo, il contrasto è
decisamente notevole, alla grigia Doolin si contrappone il mondo
coloratissimo e ricco di vita di Faerie dove i colori sono così vividi
da apparire (volutamente) irreali.

Il livello della grafica è decisamente alto, basti pensare all’erba che
vola via quando la calpestiamo o ai petali quando qualcosa cade su un
fiore, tutto in modo irreale eppure realistico.

Le luci sono impiegate egregiamente, personaggi e mostri sono
illuminati in modo estremamente buono ed in generale la calibrazione è
eccellente (definire “radiose” certe inquadrature è dir poco),
purtroppo non si può dire la stessa cosa delle ombre che (seppure
realistiche) sono posizionate in base ad un unico punto fisso per
stanza, cosa che spesso provoca effetti ben poco realistici (specie
sotto i lampioni).

Gli effetti delle onde del mare sono discretamente squallidi,
decisamente piatti e poco realistici, ma basta girare per Doolin per
apprezzare l’effetto della luce che filtra dalle nuvole che corrono
veloci come se dovesse arrivare un temporale ed in generale oltremondo
è ricchissimo di decine di effetti pensati appositamente per stupire
l’occhio (e decisamente ben riusciti).

Gli ambienti sono qualcosa di difficile da definire, non c’è nulla di
particolarmente complesso come architetture ed a volte la vegetazione
(l’erba) è insopportabilmente 2D, eppure la ricchezza dei paesaggi, le
attente scelte cromatiche e le ottime texture riescono a sopperire
molto bene a quelle carenze tant’è che spesso ci si ritrova a bocca
aperta nei campi fioriti di Faerie ad ammirare il paesaggio.

Diversa storia per la fisica, i vestiti si muovono in modo realistico
ma, nonostante si sia usato un engine fisico di prim’ordine (Havok, lo
stesso di Motorstorm) si è deciso di mantenere una pressocchè totale
staticità nelle aree: non c’è un filo di vento a smuovere le foglie
neppure a Doolin dove il tempo volge perennemente al brutto (o peggio
c’è il vento che spinge dei petali ma la vegetazione “statica” non ne è
affetta).

I personaggi sono in generale resi bene anche se nelle inquadrature
stringenti dei dialoghi spesso l’occhio cade sulle mani che sono fatte
in modo quantomeno approssimativo… nulla di ché ma la cosa dà un
certo fastidio, specie se paragonato ai volti di Ellen e Keats che
invece sono delle opere d’arte dal punto di vista del dettaglio.

In ultimo, ogni tanto c’è un leggero effetto “pattinamento”, nel senso
che in alcuni punti il suolo appare sconnesso ed il personaggio
letteralmente “levita” su di esso (e dalla sua ombra) ma è un inezia
praticamente invisibile e che non da assolutamente fastidio.


Avventura muta

Questo è uno degli aspetti più controversi dell’intero gioco, il sonoro di Folklore è praticamente inesistente.

I suoni ci sono tutti ma aldilà di questo tutto si limita ad un pallido
accompagnamento di pianoforte, qualcosa che di certo aumenta quel senso
d’angoscia che serve per immedesimarsi meglio nel gioco ma, aldilà di
questo, è troppo incolore e deprimente per rappresentare qualcosa di
degno di nota, sarebbe stato preferibile qualcosa di più coinvolgente,
qualcosa che almeno desse enfasi ai combattimenti ed ai momenti
salienti del gioco.

Da questo punto di vista il gioco ha ben poco da offrire.



Un gioco da Blockbuster


Di Folklore da fastidio la trivialità di certi momenti, di certe
sottotrame, di alcuni dialoghi, da fastidio l’aspetto troppo grottesco
di qualche personaggio o l’eccessiva banalità di alcuni passaggi, che
stride con una storia principale decisamente più complessa.

Non convince l’audio ed in un certo senso la poca voglia di “osare” nel
video così come il passaggio dalle fasi “calde” del combattimento alle
fasi (troppo) “fredde” del dialogo / investigazione.

Di contro Folklore colpisce per la grafica (anche se bisogna
addentrarsi nell’oltremondo o “farci l’occhio” per vedere gli
innumerevoli effetti di cui il gioco è infarcito) e per la profondità
della storia.

Quello che rovina l’impatto grafico di Folklore è la staticità dei
paesaggi, una carenza difficile da nascondere in un gioco che tanto si
spende per compiacere l’occhio con centinaia di effetti.

Folklore ha guadagnato qualcosa dall’E3 in cui è stato presentato per la prima volta, ed ha perso altrettanto.

Ha guadagnato sicuramente in spessore, se i demo ed i video davano
l’impressione di un gioco decisamente “light” sul modello degli action
game puri il titolo ha, nella sua versione finale, acquistato uno
spessore e soprattutto una vena artistica che è raro incontrare nei
titoli odierni, d’altro canto per dotarsi di un ambientazione di questo
genere il titolo ha dovuto rivedere leggermente il suo target.

Prima di vedere il titolo completo avrei probabilmente consigliato
Folklore per un pubblico più giovane, ora invece guardo quel 12+ sulla
confezione e penso che probabilmente un 16+ non ci sarebbe stato male.

Non fraintendiamo, non c’è nulla di veramente violento o sconcio in
questo gioco, è semplicemente un titolo maturo, un titolo che basa
buona parte del suo fascino sui dialoghi, sugli intermezzi e su una
profonda comprensione di quello che è l’Oltremondo attraverso una
storia forse troppo complessa per essere fruibile ai più giovani.

Per il resto il gioco lascia un brutto sapore in bocca, è come se
qualcosa non funzionasse fino in fondo; la grafica c’è, il dettaglio
anche, la giocabilità pure, ma manca quel qualcosa che avrebbe reso
questo titolo perfetto, che siano le musiche, il continuo alternare fra
azione frenetica di alcuni momenti e la lentezza di altri, che siano
gli intermezzi e dell’esplorazione diurna, non è facile a dirsi.

Un gioco che vale la pena giocare e finire, ma che difficilmente
riprenderete in mano una seconda volta, probabilmente più indicato come
titolo da affittare che da comprare… peccato.