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Recensione Recensione di End of Eternity

Recensione di End of Eternity di Console Tribe

di: Redazione

In un futuro non troppo remoto, il nostro mondo è divenuto una distopia. L’inquinamento e il degrado degli ecosistemi ambientali hanno raggiunto un livello di pericolosità tale da costringere i sopravvissuti del genere umano a costruire un potente sistema di purificazione atmosferica, la cui propaggine superiore è una enorme torre che raggiunge altezze incredibili del cielo. Nella loro strenue lotta per la sopravvivenza e per la ricerca di condizioni di vita accettabili le comunità di umani hanno ricreato una società la cui prima vittima è stata la democrazia e l’eguaglianza tra le classi. Nel nuovo ordine sociale all’interno del “Baazer” (tale è il nome della struttura nella quale è ambientata la nostra storia), le classi dominanti vivono e governano nei piani superiori delle città, mentre quelle intermedie a le più povere nelle quali imperversa fame e criminalità, sono ubicate nelle piattaforme inferiori del sistema. Come regola, non è permesso alcun contatto tra i governatori del Baazer, la Casta dei “Cardinali”, e le popolazioni di rango inferiore; per tale motivo i comuni cittadini delle città sospese conoscono poco o nulla di ciò che si cela sopra le loro teste. L’unica cosa certa, è che i “Cardinali” sovrintendono, dall’alto della loro autorità, il funzionamento dell’enorme sistema robotizzato di rigenerazione dell’aria e dell’acqua che rende possibile la vita degli uomini.
Pur in equilibrio molto precario, la società maturata nel Baazer ha mantenuto intatta la propria identità fino al momento presente, incurante ed inconsapevole del fatto che qualcuno stia silenziosamente tramando la peggiore delle catastrofi. Qualcosa, infatti, comincia a non andare nella metropoli aerea. L’erogazione dell’energia subisce ripetute interruzioni e malfunzionamenti, e la situazione delle classi inferiori potrebbe peggiorare al punto da rischiare di veder nascere un diffuso malcontento nei confronti del potere dei Cardinali. All’interno di questo scenario “di soglia”, che raccoglie a man bassa le proprie suggestioni narrative da tutta l’iconografia fantascientifica scaturita dall’immortale Metropolis di Fritz Lang in poi, trovano spazio le vicende di tre membri della classe intermedia, tre vigilantes che vivono dei soldi guadagnati accettando le missioni più disparate richieste dalla popolazione locale, e che si ritrovano spesso a dover usare le maniere forti per il compimento del loro lavoro.
I tre protagonisti della storia raccontata in End of Eternity rispondono al nome di Vashiron, Zephyr e Reanbell. Vashiron è un ventiseienne ex membro delle forze armate al servizio dei Cardinali, che abbandonò il proprio lavoro in seguito ad una disastrosa operazione militare nella quale persero la vita tutti i suoi compagni di plotone eccetto lui. Vashiron ha deciso in seguito di iniziare in proprio l’attività di Vigilante con l’apertura della sua agenzia P.M.F. (Private Military Force). Egli gode del vantaggio di essere un nome conosciuto perfino tra i più alti ranghi dei Cardinali e dei potenti del Baazer, cosa che gli permette di poter svolgere missioni il cui completamento è premiato con laute ricompense e riconoscimenti, nonché di muoversi liberamente per quelle zone della metropoli che sarebbero altrimenti vietate ai comuni cittadini. C’è poi Zephyr, un ex “ragazzo randagio” diciassettenne, recuperato tempo addietro dallo stesso Vashiron durante un’azione soppressiva delle forze armate contro delle bande urbane di rivoltosi; Zephyr ha accettato di far parte della P.M.F. forse più per il fatto che crede che questo sia l’unico modo per dare un senso alla sua vita che non per altri motivi. Il suo aspetto dimesso e il suo fare taciturno gli rendono in genere difficile socializzare con gli altri. L’altra protagonista è invece una graziosa ragazza di venti anni, Reanbell. Reanbell incontrò Zephyr per la prima volta durante una situazione estremamente drammatica (che non può essere raccontata per evitare inutili spoiler), ma accettò in seguito di seguire il suo amico e Vashiron nell’avventura di una nuova vita come Vigilante.

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L’impianto narrativo del videogame è sviluppato in chiave episodica, cosa che aiuta molto il giocatore a prendere progressivamente confidenza tanto con i personaggi principali, quanto con l’architettura stessa e gli intrecci della storia. Se i primissimi capitoli consisteranno semplicemente nell’accettare missioni e incarichi da parte di comuni cittadini al fine di procacciarsi i soldi per il potenziamento delle proprie armi ed eventualmente per raccogliere un po’ di esperienza, ben presto i tre membri della P.M.F. si ritroveranno loro malgrado ad essere le pedine ma anche involontariamente i fautori di un intrigo enormemente più grande di loro, atto a far luce sulle vere funzioni del Baazer e sul destino dei suoi abitanti.
Esistono diversi altri personaggi nell’avventura che ricopriranno un’importanza fondamentale per l’evoluzione narrativa, ma è opportuno lasciare al giocatore il gusto di scoprire pezzo dopo pezzo tutti i mattoni di questo lungo racconto.
End of Eternity è l’ultimo, imponente lavoro dei Tri-Ace, un gruppo che non ha certo bisogno di troppe presentazioni e i cui precedenti titoli parlano da sé della bravura degli sviluppatori. D’altronde, in che altro modo presentare gli autori di alcune delle pietre miliari del videogaming degli ultimi 15 anni come Tales of Phantasia, Star Ocean e Valkyrie Profile?
La curiosità attorno al loro nuovo titolo è cresciuta a partire dagli ultimi mesi del 2009, quando al Tokyo Game Show venne presentata una demo della versione quasi definitiva di End of Eternity, demo dalla quale traspariva una profondità di gioco notevole e delle grandi potenzialità. I Tri-Ace e SEGA devono essere realmente convinti dei punti di forza della loro ultima fatica, perché hanno fissato la data della sua uscita sul mercato occidentale per il prossimo marzo, a meno di un paio di settimane dopo quella del colosso Final Fantasy XIII di Square-Enix; chi pensa però che ci troveremo di fronte allo scontro tra un nano e un gigante, almeno in termini qualitativi, farebbe meglio a ricredersi fin da subito…
 
 
Gun-Fu Action & Fashion Victims

Raccontano Takayaki Suguro e Mitsuhiro Shimano di Tri-Ace, che quando incontrarono per la prima volta i rappresentanti di SEGA per proporre loro il Concept di End of Eternity, le reazioni iniziali non furono delle migliori. Lo scetticismo derivava dal fatto che SEGA avrebbe preferito produrre un canonico RPG nel quale magie e spade la facessero da padroni, non un gioco con combattimenti basati sostanzialmente sull’uso di sole armi da fuoco. Col senno di poi, bisogna dire che è una fortuna aver dato la possibilità agli sviluppatori di portare fino in fondo le proprie intenzioni rispetto alla realizzazione di tutte le attuali idee alla base del titolo.
Iniziamo dicendo che l’art-work di End of Eternity è incredibilmente ispirato e studiato in ogni dettaglio. La rappresentazione degli ambienti urbani trasmette sì la sensazione di trovarsi in un luogo post-apocalittico, ma è nei fatti pesantemente controbilanciata dalla onnipresente raffigurazione di strutture di ingranaggi, leve, ciminiere e architetture in mattoni che sembrano uscite direttamente da un quadro dell’epoca vittoriana. L’effetto finale sulla mente del giocatore è quello di trovarsi in una specie di luogo senza tempo più che nel tempo futuro, o magari anche all’interno di un modello che rimanda direttamente alle atmosfere del caro vecchio Final Fantasy VI, per chi se lo ricorda…
Benché poi non ci sia nulla di incredibile nella realizzazione tecnica dell’opera in questione, fatta eccezione per la pregevolissima colonna sonora quasi completamente orchestrata di Motoi Sakuraba e Kouhei Tanaka, un grande plauso va riconosciuto agli autori del character design, i cui personaggi traspirano personalità e carattere ancor prima che si sia venuti a conoscenza delle loro storie, e che risultano stilisticamente perfetti per gli ambienti nei quali si sviluppano le vicende del gioco.
Se la bellezza di un RPG si misura anche dal senso di attaccamento che il giocatore sviluppa istintivamente per gli eroi della storia, End of Eternity parte senz’altro con il piede giusto.
Un’altra dimostrazione di bravura del team è sicuramente quella che traspare dall’uso di una palette di colori semplicemente perfetta, che restituisce agli occhi una affascinante sensazione di solidità di tutte le architetture urbane presentate nel gioco e che magnificamente si addice per la resa visuale di un opprimente mondo di genere “steam-punk” come questo. I colori delle strade, delle case, le sfumature del cielo, i gretti e rugginosi sistemi meccanici che imperversano nel Baazer, donano all’opera una propria, forte identità artistica e lo distinguono nettamente dalla quella massa di RPG dotati di scenografie piuttosto anonime.

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Nonostante l’apparente seriosità dell’atmosfera generale del titolo e la drammaticità di fondo della vicenda narrata, il gioco è pregno di quel tipico senso dell’umorismo giapponese che permette un certo “alleggerimento” delle situazioni di tensione presentate durante l’avventura. Oltre ad alcuni divertenti dialoghi dei tre affiatati protagonisti, alle battute un po’ sessiste e a doppio senso di Vashiron e ai tipici non-sense che alternano un’austera fase narrativa ad altri momenti che sembrano completamente estemporanei al contesto, bisogna dire che i Tri-Ace hanno anche indovinato il sistema migliore per procurare al videogiocatore un maggiore coinvolgimento con i personaggi principali. E’ possibile infatti recarsi ogni volta che si vuole nel corso dell’avventura, in un grazioso Atelier situato nel piccolo borgo dove risiede anche il nostro quartier generale, e nel quale sono in vendita centinaia di vestiti ed accessori diversi, (seppur non tutti disponibili dal principio dell’avventura), da far indossare ai protagonisti. Il bello è che tali indumenti non hanno il minimo effetto sullo status del nostro party, né aggiungono bonus di alcun tipo al proprio potenziale di battaglia. Il piacere deriva semplicemente dal poter creare il look che meglio ci aggrada per Vashiron, Zephir e Reanbell secondo i nostri gusti personali; tanto più che i vari completi saranno visibili anche durante tutte le cut-scene esplicative della storia, visto che queste utilizzano lo stesso motore che muove il resto del gioco. Che ci crediate o meno, anche se vi sentite dei veri uomini immuni dall’hobby della vostra nipotina e del suo esercito di Barbie, vi ritroverete molto più spesso di quanto immaginiate a spendere il prezioso denaro ricavato dal compimento delle missioni in gonne per la bella Reanbell e in giubbotti di pelle e jeans di dubbio gusto per Vashiron e Zephir… Nulla di male, basta che vi ricordiate di lasciare qualcosa nel portafogli per acquistare gli importantissimi potenziamenti per i vostri “ferri”.
Il vero segreto delle atmosfere uniche di tale titolo, infatti sono proprio le armi da fuoco, utilizzate come unico strumento di attacco per l’intera durata dell’avventura. Niente lame, coltelli, scudi, elmi o gambali, né stregonerie e incantesimi; solo pistole di diverso calibro, mitragliatrici e bombe per gli attacchi sulla distanza. Se sulla carta un approccio del genere può sembrare quantomeno limitato, la verità è che End of Eternity sembra “cucito” perfettamente attorno al cuore del suo sistema di gameplay, che è appunto un battle system costruito su montagne di piombo fumante.
Non si spaventino i puristi del genere nell’apprendere che un geniale RPG come questo basi gran parte del suo fascino su dei combattimenti che in talune situazioni non sfigurerebbero in un vero action game; l’ultima fatica dei Tri-Ace nasce con l’intenzione di innovare e sorprendere, senza tuttavia sovvertire tutti i clichè fondamentali della categoria a cui appartiene. Una specie di ibrido la cui ambizione è accontentare il maggior numero possibile di videogiocatori.

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La Grande Città

Poiché tutte le vicende narrate nel gioco prenderanno vita all’interno del Baazer, la World Map di End of Eternity non è nient’altro che la raffigurazione dei differenti piani su cui è sviluppata la struttura metropolitana dell’enorme polmone artificiale, collegati tra loro attraverso un reticolo di elevatori. L’ubicazione di ogni piano della città ricrea idealmente la struttura delle classi sociali in cui è diviso il Baazer, con i nobili Cardinali ai piani più alti, e i più poveri tra i poveri in quelli più bassi. Girovagare per la mappa non è esattamente come in altri convenzionali RPG; la topografia cittadina è infatti suddivisa in una struttura reticolare a caselle esagonali di differenti colori, (pensate ad una specie di scacchiera), sopra la quale è possibile muovere un cursore che rappresenta il vostro party. All’inizio del gioco, solo pochissime zone di ogni piano saranno liberamente accessibili, questo perché la maggior parte degli esagoni della scacchiera richiedono dapprima di essere “sgomberati” tramite dei marcatori chiamati “Enagii Ekisa” che devono essere dello stesso colore delle caselle che si intende eliminare. Si possono ottenere i marcatori giusti per sbloccare le diverse zone della mappa o sconfiggendo i nemici in battaglia, oppure completando le diverse missioni che i tre vigilantes accetteranno dai vari committenti trovati in giro per la città. Spesso sotto le caselle della mappa appena liberate si celeranno o tesori, o nuove location da visitare e nelle quali combattere contro vari nemici per ottenere in cambio armi o oggetti importanti. Durante gli spostamenti sulla mappa il party potrà essere bloccato da dei combattimenti casuali, dai quali comunque (salvo rare eccezioni) è sempre possibile sottrarsi fuggendo, senza nessuna conseguenza negativa. La stessa possibilità vale anche per tutti i combattimenti, che si affronteranno dopo aver fatto ingresso all’interno di location più ampie disseminate sulla mappa cittadina e composte da più “stanze” concatenate, che devono essere affrontate solitamente quando si accetta una missione da qualcuno e che culminano praticamente sempre con un boss di “fine dungeon”, che va sconfitto prima di poter tornare dal committente della missione per incassare la ricompensa.
Va da sé che fuggire troppo spesso dalle battaglie, come in tutti gli RPG, ha solamente l’effetto di non permettere ai propri personaggi di raccogliere esperienza per aumentare di livello e diventare più forti.
Interessante notare che anche nel gioco dei Tri-Ace, esattamente come nel nuovo capitolo di Final Fantasy, è implementata la possibilità di poter ripetere a piacimento i combattimenti nei quali si è stati sconfitti, senza dover per forza ricaricare dall’ultimo save-point e perdere del tempo prezioso per ripercorrere i propri passi.
Alla fine di ogni scontro poi si ricevono un certo numero di oggetti lasciati cadere dai nemici, come parti in metallo utilizzabili in un’armeria della città per far costruire i potenziamenti per le proprie armi, o anche i famosi marcatori esagonali di cui si parlava più sopra.

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Manuale del provetto Bounty Hunter

La parte migliore di ogni gioco in cui si passi il 90% del tempo a combattere e a migliorare il potenziale dei propri personaggi in preparazione di sfide più impegnative che seguiranno, deve necessariamente essere il suo sistema di combattimento, il quale non deve annoiare e deve offrire incentivi al divertimento anche dopo decine e decine di scontri. Il Battle System di End of Eternity, pur non essendo dal principio facilissimo da padroneggiare, centra per fortuna in pieno tale obbiettivo.
Partiamo dai fondamentali.
Ognuno dei tre protagonisti dispone idealmente di quattro “slot”, accessibili dal menu di status, nei quali sistemare l’equipaggiamento da battaglia; due di questi quattro slot sono fin dal principio occupati dall’arma principale e da quella ausiliaria (che solitamente è rappresentata dalle granate, tanto quelle convenzionali che quelle che procurano alterazioni di status). I rimanenti due possono essere riempiti eventualmente o con una nuova arma da fuoco, quando avrete abbastanza soldi per acquistarne, il che permette così l’uso di due pistole o due mitra contemporaneamente, o anche con medikit e accessori dalle funzioni speciali. L’utilizzo continuo delle proprie armi in combattimento ne causa un aumento degli “skill point”, e quindi un incremento vero e proprio di esperienza. Quando un’arma aumenta la sua esperienza, aumentano prevedibilmente anche le sue capacità offensive, i moltiplicatori di danno, e i modificatori degli status negativi procurabili al nemico. La cosa particolare è che sono proprio i livelli delle armi utilizzate a determinare complessivamente quello del personaggio che le utilizza; il livello di ogni personaggio è ovvero la somma dei livelli di esperienza raggiunti dalle sue armi.
Ogni volta che ha inizio uno scontro, sia esso un incontro casuale durante gli spostamenti da un luogo all’altro della World Map o all’interno di una vera e propria location popolata di nemici, i tre protagonisti si ritroveranno all’interno di arene di dimensione variabile e dotate al loro interno di molteplici elementi strutturali e barriere come casse, piattaforme sopraelevate e muri, che da una parte impediscono il libero spostamento di tutti i personaggi all’interno dell’arena stessa, ma dall’altra fungono come perfetti strumenti per l’elaborazione di strategie di copertura ed attacco verso gli avversari. Forse il parallelo migliore che si può fare per far comprendere le implicazioni che tale scelta implementativa ha sulla struttura generale e sul ritmo del gameplay durante i combattimenti, è quello con un altro notevolissimo tactical RPG di SEGA, quel Valkyria Chronicles che deve certamente aver insegnato qualcosa a tutti i prodotti suoi simili. L’utilizzo dell’elemento ambientale in End of Eternity non è opzionale: capiterà soprattutto negli scontri con i nemici più forti di dover imparare a pianificare al meglio i propri turni di combattimento per fare in modo di non ritrovarsi in “campo aperto” quando sarà la volta dell’attacco avversario e per limitare l’apporto dei danni.
Dietro un’ispirazione molto “movimentata” dell’azione di gioco, di cui analizzeremo tra poco le caratteristiche, il nuovo lavoro dei Tri-Ace rimane come già detto pur sempre un vero RPG che segue in gran parte tutti gli stilemi del caso, fatta ovviamente eccezione per i combattimenti, molto diversi dall’archetipo del convenzionale gioco di ruolo. Riguardo quest’ultimo aspetto, in realtà, sarebbe più giusto dire che non è possibile inquadrare con una sola definizione il Battle System del videogame, poiché esso incorpora, appunto, tanto elementi familiari come la turnazione, quanto quelli molto più distintivi dei titoli di tipo action. È quindi doveroso spiegare dettagliatamente questo passaggio.

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I tre protagonisti sotto il nostro controllo agiscono sul campo di battaglia uno alla volta e per una quantità di tempo scandita da una barra in basso a destra sullo schermo. La differenza con i sistemi di combattimento come il celebre Active Time Battle di Final Fantasy, consiste qui nel fatto che sono i vostri movimenti a causare il deterioramento della barra, e finché non muovete il personaggio sotto il vostro controllo o anche nel caso in cui vi fermiate sul campo di battaglia per decidere verso quale avversario spostarvi, la diminuzione del valore della barra si arresta per riprendere solo dopo l’inizio di un nuovo spostamento. Di converso, i nemici non sono dotati di un vero e proprio misuratore temporale di attività, ma piuttosto di una barra che muta il suo colore dal giallo al rosso nell’imminenza di un attacco contro uno dei nostri personaggi alla prima occasione utile. Costoro agiscono in assoluta autonomia ed indipendenza rispetto alle vostre azioni, selezionando l’obbiettivo a loro più vicino o anche il personaggio del vostro party che in quel momento appare più indebolito. Potete in qualunque momento sia tenere sotto controllo la situazione di “salute” dei vostri avversari, sia capire quale dei vostri eroi sta per essere attaccato grazie al fatto che ogni nemico mostra su schermo, oltre alla quantità dei propri HP rimanenti, anche una casella con lettera iniziale del protagonista obbiettivo del suo prossimo assalto.
Non siete costretti ad usare in sequenza predeterminata i personaggi del vostro party: premendo il tasto cerchio è possibile in ogni istante dei turni a vostra disposizione decidere di focalizzare il controllo sull’elemento che meglio si adatta alla strategia di attacco che avete pensato di intraprendere. Prima della manovra di azione vera e propria, bisognerà selezionare il nemico di cui “prendersi cura” tramite il d-pad; capiterà a tal proposito che i gruppi di avversari siano spesso dotati di un “leader” chiaramente indicato da una dicitura a schermo, e concentrare fin dal principio tutti i propri attacchi per l’eliminazione rapida di tale soggetto causerà la fine preventiva dello scontro (con una vittoria, ovviamente!).

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Resonance of Fate

Per godere delle vere potenzialità del Battle System del gioco, tuttavia, è necessario capire l’insieme di azioni che scaturiscono successivamente la selezione del proprio obbiettivo e alla partenza dell’offensiva vera e propria. Premendo il tasto X, un caricatore di forma circolare inizierà a scandire il tempo necessario da attendere prima di poter fare fuoco sul nemico; la velocità di riempimento del caricatore è tanto maggiore quanto minore è la distanza dall’obbiettivo. Non solo, il caricatore circolare può eseguire un numero molteplice di cariche per imprimere maggior forza all’attacco, beninteso che durante l’attesa di tale caricamento il protagonista, in quel momento in vostro uso, resterà vulnerabile agli attacchi avversari e che tali attacchi, se portati a segno, causeranno il reset del valore del contatore circolare. A complicare le cose c’è il fatto che lo stesso “loading” degli attacchi consuma la propria barra temporale del turno attivo, ragion per cui qualunque offensiva va portata a compimento prima del deterioramento completo di tale barra.
C’è anche un altro modo, ben più effettivo e spettacolare, di causare danni ai propri opponenti: limitarsi ad attaccare direttamente e con una singola salva di proiettili i nemici, infatti, non è spesso la scelta migliore; è opportuno piuttosto affidarsi quanto più sia possibile ai cosiddetti Invincible Attacks.
Per scatenare un Invincible Attack (che come recita il nome stesso rende pressoché inattaccabile il personaggio per l’intera durata della sequenza offensiva), è necessario durante il proprio turno premere il tasto quadrato sul pad; a quel punto comparirà a schermo una linea retta, originante dal vostro personaggio, della quale sarà possibile definire la direzione e la lunghezza sull’intera superficie dell’arena di gioco tramite la leva analogica. Una volta decisa la traiettoria da far seguire al protagonista, premendo nuovamente il tasto quadrato si darà il via a delle vere e proprie sequenze cinematiche di “run and gun” che ricordano tanto per spettacolarità i momenti migliori dei film di John Woo. Il vostro personaggio bersaglierà gli avversari con il maggior numero di cariche che sarà possibile totalizzare durante il percorso delineato all’inizio della sequenza di fuoco; durante la corsa è anche permesso utilizzare gli altri tasti del pad per modificare la tipologia di mosse realizzabili nella sequenza, come saltare sopra le teste dei nemici e bersagliarli dall’alto, o anche il riuscire a sollevarli in aria col potente rinculo dei vostri proiettili, attaccarli nuovamente e poi sbatterli violentemente a terra con una tecnica che prende giustamente il nome di “Smackdown”. Esistono diverse tecniche e mosse che si possono attuare durante un Invincible Attack, tutte visivamente accattivanti e differenti rispetto al tipo di danno causabile. Chiunque apprezzerà il gioco non mancherà senz’altro di volerle padroneggiare tutte…

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È necessario dire comunque che tali Invincible Attack non sono gratuiti: ogni volta che si usa una tecnica del genere viene consumato un frammento della cosiddetta “I.S. Gauge”, visibile sull’estremo inferiore dello schermo. La I.S. Gauge ha una duplice, importantissima funzione nei combattimenti: da una parte scandisce per l’appunto il numero degli attacchi speciali che è possibile portare a segno, dall’altra rappresenta uno strumento esaurito il quale i tre protagonisti si ritroveranno vittime di una sorta di attacco di panico bloccante (definito status “Danger”) che renderà enormemente meno efficaci i loro assalti e ovviamente impossibile il ricorso agli Invincible Attack. Recuperare la propria condizione ottimale di combattimento da tale status è estremamente difficile e l’ideale sarebbe riuscire ad evitare del tutto il suo verificarsi. Ci sono diversi modi per rigenerare i frammenti della I.S. Gauge consumati con gli assalti speciali o perduti per via dei troppi danni subiti dagli avversari: eliminare i nemici stessi (riacquisendo così una porzione di I.S. Gauge per ogni opponente neutralizzato), distruggendo le varie parti delle “armature” dei mostri più forti (se ne parlerà tra poco) o anche riuscire a “spezzare” la loro guardia con concatenazioni ben riuscite di notevoli volumi di fuoco.
Il non plus ultra delle tipologie di assalto realizzabili in End of Eternity è comunque una tecnica definita “Resonance”: la sua realizzazione non è delle più facili ma rappresenta in determinate circostanze l’unico strumento per risolvere gli scontri con i mostri più coriacei e potenti. Per costruire un attacco Resonance è necessario ottenere dei “Resonance Points”; questi si guadagnano facendo in modo che ogni volta che si utilizzi un Invincible Attack, la traiettoria di corsa seguita dal personaggio in uso passi attraverso lo spazio compreso tra gli altri 2 protagonisti. Ogni volta che questo accade viene assegnato un Resonance Point. Non c’è limite al numero di Resonance Points che possono essere caricati, e un numero maggiore significa solo un attacco Resonance potenzialmente più potente; quando si ritiene di avere accumulato un sufficiente numero di Resonance Points, si può dare il via ad uno spettacolare assalto triangolare di Vashiron, Zephyr e Reanbell, tanto più dannoso per i nemici quanto più alto sarà il numero di punti accumulati in precedenza.

Prova a farmi male…

Ora, qualunque sia il modo in cui si decida di attaccare un nemico, è opportuno dire che nel sistema di combattimento di End of Eternity esistono due tipologie di danno procurabile, tra loro complementari ed il cui utilizzo congiunto è pressoché necessario per poter vincere quasi tutte le battaglie. A differenza di tantissimi altri RPG, infatti, End of Eternity utilizza distintamente il concetto di “danno potenziale” (Scratch Damage) e quello di “danno effettivo” (Direct Damage). La possibilità di procurare l’uno o l’altro dipende dalle caratteristiche delle armi che si hanno equipaggiate. Sostanzialmente, un’arma che causa dello Scratch Damage procura all’avversario un certo ammontare di danno visualizzato in blu sulla sua barra di HP. Tale danno è ancora “virtuale” e potenzialmente recuperabile col passare del tempo; esso diventerà “reale” solo nel momento in cui qualche altro personaggio dotato di armi da fuoco che causano Direct Damage colpirà il summenzionato avversario, causando la perdita effettiva tanto degli HP sottratti “virtualmente” dal precedente Scratch Damage quanto quelli causati dal Direct Damage del proprio turno. Decisamente più macchinoso da spiegare che non da sperimentare personalmente. La logica è che le armi che generano danni indiretti tolgono, durante gli attacchi, molti più HP rispetto alle controparti che generano danni reali e immediati. Si capisce così per quale motivo tale sistema di attacco “concorsuale” si debba usare pressoché sempre per assicurarsi delle rapide vittorie.

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E non è tutto. I nemici più forti sono dotati, come si diceva più sopra, di vere e proprie “armature” raffigurate a schermo come molteplici barre circolari di HP attorno ai loro corpi; in tali casi, prima di poter causare un qualsivoglia danno alla barra HP principale dell’avversario, è necessario neutralizzare il più velocemente possibile le barre ausiliarie. Il problema è che tali barre sono posizionate il più delle volte a mo’ di “corona” attorno al proprio obbiettivo, il che vuol dire che per eliminarle tutte la strategia di attacco deve tener conto della possibilità di poter aggirare l’avversario ai fianchi o anche dietro di esso.
Talune sequenze di attacco ben riuscite procureranno, a seconda delle situazioni, anche la condizione di cosiddetta “Gauge Crack”: tale è il nome della possibilità di ridurre momentaneamente gli HP dell’avversario esattamente a metà, ottenendo in questo modo una notevole facilitazione rispetto agli esiti dello scontro se si è abbastanza veloci da approfittarne.
I dettagli dell’intero Battle System di End of Eternity sono ben più numerosi di quelli che è lecito scrivere in una recensione, ma proprio per questo è bene sottolineare ancora una volta la straordinaria profondità di gameplay che si nasconde dietro questo nuovo gioiello della tradizione JRPG.

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Come un fiore nel deserto

Mi sento esattamente come quando l’anno scorso mi ritrovai per le mani una copia di Batman: Arkham Asylum; anche in quell’occasione dovetti rendermi conto di essere di fronte ad un bellissimo quanto del tutto inatteso videogame, saltato fuori quasi dal nulla e destinato però a far parlare di sé per un bel po’ di tempo.
Fino a qualche settimana fa il nome End of Eternity mi rimandava direttamente solo all’omonimo racconto del 1954 scritto da Isaac Asimov, ed in effetti non è solo il nome di questo gioco a ricordare quella novella. Si potrebbe dire che esistono anche diverse analogie tra i “Cardinali” e gli “Eterni” Asimoviani, ma tale argomento esula senz’altro dalla considerazione del valore del prodotto.
End of Eternity non è rivoluzionario in nulla (nonostante ci si debba togliere il cappello davanti alla marcata originalità del sistema di combattimento ideato dagli sviluppatori) e non pone il videogiocatore di fronte a nuovi archetipi di gioco o caratteristiche di gameplay che non si erano mai viste in precedenza. Tuttavia, nel suo prendere in giusta misura ogni aspetto migliore e ogni buona idea del genere JRPG e nel rimescolare sapientemente tali soluzioni, esso emerge come un vero lavoro di altissima qualità.

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C’è qui tutto quello che rende da sempre godibili e longevi i classici videogame della vecchia scuola nipponica, cose come l’utilizzo dell’artefatto di una world-map per amplificare il senso di libertà del videogiocatore rispetto alla storia, la rappresentazione di piccole sezioni urbane del Baazer con negozi e laboratori presso cui fare acquisti, e NPC che cambiano anche ubicazione e repertorio di frasi a seconda dei diversi momenti del giorno o della notte (ebbene sì, anche il passaggio delle ore di luce e tenebre è una caratteristica del gioco). “Equilibrio delle parti” è l’espressione migliore per definire l’insieme di caratteristiche dell’ultimo lavoro dei Tri-Ace; il miglior compromesso possibile tra un gioco di ruolo, un action-game e perfino un qualche richiamo di puzzle-game grazie alla trovata della griglia esagonale della mappa che va progressivamente sbloccata attraverso i “pezzi” giusti. Né il giudizio finale di questo titolo può essere inficiato da alcuni difetti minori come una non felicissima gestione della telecamera durante le sezioni di combattimento o delle animazioni dei protagonisti che non risultano sempre convincenti, in particolare il “legnoso” incedere della giovane Reanbell. Alla lunga, poi, anche le coreografiche animazioni dei tre Bounty Hunters durante le invincible actions diventano per forza di cose ripetitive ma è ovvio che non potrebbe essere diversamente dopo aver affrontato centinaia di battaglie. La longevità di End of Eternity, d’altra parte, è un altro notevole punto di forza della produzione: svolgere tutte le missioni per il completamento della storia principale potrebbe richiedere fino a 70-80 ore, addirittura il doppio o il triplo qualora si decida di voler vedere il 100% di quanto il videogame ha da offrire in termini di mappe e mostri segreti.

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End of Eternity è un prodotto completo e godibilissimo; se si riesce ad entrare nello spirito della narrazione e ad apprezzare la profondità del suo gameplay, è probabile che si riuscirà a vedere in esso uno dei migliori RPG attualmente in circolazione e uno dei titoli più interessanti di questo 2010 appena iniziato. Forse non diventerà mai un best-seller, e forse il leggendario (negativamente parlando) marketing di SEGA non riuscirà a presentarlo nel modo dovuto al pubblico di appassionati videogiocatori alla ricerca di prodotti di qualità; ma tali speculazioni non intaccano il fatto che il nuovo videogame dei Tri-Ace meriti di diritto l’appellativo di capolavoro. Perché di questo si tratta, di un capolavoro.
Il consiglio per tutti, appassionati o meno del genere, è quello di mettere da parte i soldi per riservarsene una copia. Non c’è niente di meglio al mondo per un videogiocatore che scoprire di avere investito il proprio denaro in un prodotto di indiscutibile qualità, tanto più quando del tutto inaspettata, come in questa circostanza.
Magnifico.