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Recensione di Doom II

Recensione di Doom II di Console Tribe

di: Mariano "TylerDurden" Adamo

Correva l’anno 1994, all’epoca ero giovane e inesperto mentre mi avvicinavo al mondo dei videogames tra sala giochi e il modesto hardware che le mie tasche erano in grado di regalarmi. Era l’anno della prima vittoria di Schumacher, Sinatra si apprestava a salutare il grande pubblico nel suo ultimo concerto, il governo Berlusconi dava le sue dimissioni e, soprattutto, era l’anno di Doom II. Grande anno, non c’è che dire. Il tempo passa, i ricordi si affievoliscono, eppure i pixel sanguinolenti di Doom, provato solo qualche anno più tardi, trovano sempre spazio nei miei ricordi.
Maggio 2010. Casa Adamo. Sono passati più di dieci anni, Io e il Marine protagonista del gioco ci rincontriamo, chi dei due sia invecchiato di più proprio non lo so. Testare di nuovo il gioco mi fa tornare in mente ricordi sopiti ma, allo stesso tempo, mi fa pensare che Doom non è fatto per sentimentalismi: è un titolo grezzo, fatto di carne e sangue, quindi è l’ora di tornare a sparare. E, che resti tra noi, all’epoca non ero riuscito a terminarlo…

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Se state cercando di interpretare il titolo del paragrafo, inutile sprecare tempo: è semplicemente il codice che ho riscattato per giocare, nulla di meno, nulla di più. Come accennavo poco fa Doom II è un titolo grezzo, non c’è bisogno di imbastire frasi poetiche: tutto, in questo gioco, è semplice, come un colpo al cervello, veloce e inesorabile. Il titolo parte e, subito, mi ritrovo nel “pixellosissimo” ambiente di gioco, nemmeno il tempo di ricordare i comandi che già mi tocca far fuori il primo nemico. I controlli ricalcano fedelmente l’impostazione standard dei più moderni sparatutto: leve analogiche per i movimenti, grilletti per sparare, tasto azione e il D-pad per cambiare le armi. Di nuovo o, per meglio dire, di vecchio, c’è che non vedrete nessun tipo di mirino su schermo né tanto meno avrete la possibilità di mirare in alto o in basso. Morale della favola mi basta puntare l’arma nella direzione del nemico e fare fuoco, il risultato lo lascio alla vostra immaginazione. Saranno passati gli anni ma, Doom II, non è cambiato per nulla: il feeling che provo è sempre lo stesso, come tornare indietro nel tempo. Gli scenari sono ricchi di nemici, così tanti da lasciare interdetti vista la quantità di soldati o mostri su schermo che siamo abituati a vedere di recente. Come se non bastasse, la quantità di amenità da sconfiggere fa ancora felice il più assatanato dei giocatori: umani, demoni di ogni tipo, cervelli, minotauri rosa, insomma, un campionario di carne pronto a essere crivellato. Gli strumenti a nostra disposizione sono tanti, dalla semplice pistola alla mitragliatrice gatling ma, se proprio dobbiamo citare l’arma che ha reso celebro il gioco, non possiamo non decantare le lodi della meravigliosa “Doppietta”. Una sorta di secondo protagonista del gioco che, con la sua potenza di fuoco, è capace di abbattere più nemici contemporaneamente. Avversari che, seppur non dotati di una spiccata intelligenza artificiale, vi daranno molto filo da torcere, infatti, non conoscono altra resa se non con la morte. I demoni vi braccheranno praticamente ovunque e i colpi inflitti li sentirete pesantemente; inoltre potete anche dimenticare la possibilità di recuperare le energie, se non usando uno dei rari medikit sparsi per i livelli.
Finora vi ho descritto Doom II come un emblema gore, una sorta di festival del sangue videludico, un gioco dal grilletto facile e dalle botte sicure; in effetti Doom è proprio così ma, allo stesso tempo, vanta una componente esplorativa abbastanza solida. Ricordo ancora le giornate passate tra corridoi labirintici alla ricerca della via da seguire. Gli scenari, infatti, pur non essendo molto caratterizzati a livello visivo, offrono una sfida senza pari: tanti corridoi e strade da seguire, bottoni da premere, leve da tirare, insomma gli elementi che hanno fatto scuola in quei giochi in cui bisogna girovagare un po’ prima di giungere al traguardo. Lo scopo, infatti, è proprio quello di trovare l’uscita in ogni livello, se poi nel frattempo vi divertite a far gridare di dolore qualche demone, avete tutta la mia stima. La nostra missione, come in molte narrazioni, ci vede intenti a salvare il mondo da questa minaccia demoniaca. Il nostro Marine ha il compito di salvare i prigionieri terrestri e distruggere la fonte delle mostruosità che hanno invaso la Terra. La storia non è altro che un collante tra le varie missioni ma, considerando la data d’uscita originale, è più che convincente.

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Il pixel perde il pelo ma non il vizio?

Quando ho saputo dell’edizione arcade di Doom II mi sono chiesto: chissà cosa inventeranno di nuovo per il titolo id-Software. Ho iniziato ad immaginare una nuova veste grafica, nuove ambientazioni, nuove modalità di gioco: mi aspettavo che questa versione digital delivery potesse offrire qualcosa di veramente esplosivo. In parte sono stato accontentato, in parte no. Sicuramente sono stato felice di provare un online comprensivo di cooperativa. Eliminare i nemici in compagnia, posso assicurarvelo, è davvero uno spasso. Le sessioni di gioco filano veloci, il tempo si ferma ed ogni livello è ben più appagante del già soddisfacente single player. L’arcade offre anche una campagna deathmatch, per sfide all’ultimo sangue. Anche qui il divertimento non manca, facendo felici i fan di vecchia data che ricordano ogni trucco e glitch dell’epoca e allo stesso modo offrendo un battesimo di fuoco per i novizi.
A malincuore devo constatare che, nonostante non ci sia molto da calcolare, il netcode non è così stabile come mi aspettavo. Spesso s’incappa in problemi di lag e la qualità della connessione cala clamorosamente in modo davvero inspiegabile.
Tra le novità possiamo citare l’audio rimasterizzato con possibilità di sfruttare il 5.1: vi sembrerà quasi di avere i demoni in casa. Stesso discorso non si può fare per la grafica, identica e precisa a come la ricordavamo. Scelta che ho trovato condivisibile da una parte, anche se vedere Doom II con una grafica pompata sarebbe stato fantastico. Pertanto trovo quasi anacronistico commentare il comparto tecnico del titolo: dovrei fare una valutazione rapportandola ai tempi moderni? Dovrei forse considerare unicamente l’aspetto artistico? Non posso far altro che adeguarmi allo stile grezzo del gioco e dire semplicemente: pixel a go-go e tanto tanto sangue. Stilosamente vintage.

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Tu chiamale, se vuoi, Uccisioni

Non mi resta che tornare alla realtà. Con le mani sudaticce spengo la console mentre la mia mente vaga tra i ricordi, i momenti passati e quelli nuovi si fondono e, se fossi un automa in questo momento starei salvando la cartella Doom tra le mie preferite. L’esperienza che mi ha offerto questo arcade, scaricabile al costo di 800 MP, è stata sicuramente piacevole. Tuttavia il peso dell’età si fa sentire, difficilmente si può apprezzare questa trasposizione se non si è stati fan della serie in passato. Il gameplay è semplice, divertente, ma forse troppo lontano dagli schemi che ormai siamo abituati a seguire.
Per tutti quelli che in passato hanno maneggiato la “Doppietta”, è tempo di scendere di nuovo in campo, c’è ancora tanto sangue demoniaco da versare…