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Recensione Recensione di Borderlands

Recensione di Borderlands di Console Tribe

di: Redazione

Dopo numerosi porting tra i quali Halo: Combat Evolved su PC e Half Life su PS2, i GearBox cercano di capitalizzare l’esperienza acquisita con un titolo quasi d’avanguardia. Boderlands
già dalle prime immagini si presenta come un gioco fortemente
sperimentale, che ha avuto diverse influenze ed un gameplay che sa
miscelare il meglio di vari generi. Il risultato è una sorta di shooter con meccaniche mutuate da Diablo ed ambientato in un luogo molto simile alla terra di MadMax. Mettendoci nei panni di Claptrap, il robot-mentore, vi accompagniamo in questo soggiorno a Pandora, sperando non finiate tra le fauci di qualche Skag inferocito.





Ai confini della narrazione



Un gran tesoro attira sempre una mole di persone pronte a rischiare la
vita pur di ottenerlo. Come spesso accade, su queste ricchezze ci sono
dicerie e leggende, la loro stessa esistenza sembra essere incerta, ma
questo mistero non fa altro che accrescere la voglia di scovare questa
fortuna.

Alla base della struttura narrativa di Borderlands
c’è proprio la ricerca di questa meraviglia, meglio
conosciuta con il nome di “Cripta”. Il plot piuttosto
semplice si rivela essere adeguato per la struttura di gioco a cui fa
da supporto, senza mai appesantire il tutto ed allo stesso tempo
rendendo partecipe il giocatore, anch’esso assetato di scoprire
la verità sul tesoro.

La trama si sviluppa semplicemente con il proseguimento delle missioni
principali e per rendere più interessante l’incedere di tanto in
tanto un’angelica figura allieta le fasi di gioco, svelando
dettagli ed in qualche modo guidandoci verso quello che sarà il
finale tanto atteso.

Una struttura semplice che riesce a coinvolgere nella giusta misura,
tuttavia la mancanza di personaggi principali ben caratterizzati e di
una trama che segue una strada più definita può lasciare
disorientato il giocatore. In ogni caso apprezzerete la storia di Borderlands per quello che è: una storia piena di mistero, ricchezza, avidità e tante scene truculente.



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Non è un paese per vecchi



La nascita dell’RPS (Role-play Shooter) coincide con lo sviluppo di Fallout 3 da parte di Bethesda. Borderlands
né è un diretto successore, anche se con un approccio
sicuramente più immediato. Piombati sul pianeta Pandora i primi
minuti sono di fuoco, così come quelli che seguiranno. Pandora
non è un paese per vecchi, questo è assodato. Lo scarno
paesaggio si rispecchia anche negli elementari insediamenti umani, che
comunque rimangono una rarità nel panorama di pietre e rocce.
Pochi uomini, sopravvissuti alla cattiveria dilagante, adattatisi al
clima di violenza, faranno da contatti per ottenere le quest
tipiche di tutti i giochi di ruolo. Saremo indirizzati verso avamposti
ostili o tra le strane bestie che abitano il pianeta alieno per
ottenere informazioni, raccogliere elementi o semplicemente spazzare
via qualche forma di vita. Rincorrere le quest e raggiungere
gli obiettivi non sarà mai un problema, visto che avremo a
disposizione mezzi corazzati per spostarci nelle ampie mappe ed una
modalità di fast-travelling. E’ importante notare come i GearBox
abbiano optato per una divisione del piano di gioco in arene divise
l’una dall’altra da luoghi d’accesso che comunque
difficilmente utilizzerete più di due volte in una stessa quest, evitando una lunga serie di fastidiosi caricamenti.



Pandora è il regno supremo del fragging, dove ogni
tattica è sempre inferiore ad una buona scarica di proiettili.
Il compito è facilitato dall’estrema semplicità
dell’I.A. nemica, che si limiterà a spostarsi sotto
la gragnola di colpi e ad abbozzare qualche tentativo di coprirsi
dietro ripari ambientali. Borderlands è un titolo che sicuramente sa rendere l’operazione di levelling dannatamente divertente: se da una parte le quest
si ripetono sempre simili a se stesse, l’alto tasso adrenalinico
e la voglia di testare le miriadi di armi che ci capitano sotto mano
è un piacere che difficilmente vorrete negarvi. La scarsa
varietà di nemici (animali o umani che siano) è
compensata proprio dalla quantità di armi che avremo a
disposizione: ogni arma è generata secondo caratteristiche
variabili in modo casuale, ogni qualvolta si accede ad una nuova area,
permettendo milioni di combinazioni. E’ il caso di dire che
quando troverete l’anima gemella, dovrete stringerla forte tra le
mani perché potreste ritrovarla solo tra secoli.



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Semplicità ed efficacia guidano anche la struttura più
profonda del gioco. La progressione del personaggio e dell’albero
delle abilità sono votate all’essenziale: le statistiche
non sono direttamente editabili e il feeling con le armi aumenta con il
loro utilizzo. Le classi disponibili sono quattro, o meglio i
personaggi giocabili sono quattro ed ognuno di loro rappresenta una
classe particolare, con abilità specifiche: avremo a
disposizione Lilith la sirena, Mordecai il cacciatore, Roland il soldato e Brick che fa classe a sé, ricordando un po’ il barbaro ma utilizzando soprattutto le mani.

Ogni classe predilige un tipo di arma e soprattutto è in grado
di utilizzare attacchi particolari, utili a sbrogliare le situazioni
più difficili: se Roland potrà utilizzare una torretta automatica per sbrogliare la situazione, Lilith
invece diventerà invisibile per fuggire dagli attacchi
avversari. Ogni abilità ha un suo determinato utilizzo in
battaglia e dona al titolo una componente tattica minimalista ma
decisamente apprezzabile. Queste caratteristiche personali saranno
anch’esse modificabili attraverso i punti che otterremo ogni volta che
il nostro livello aumenterà. I combattimenti in questo modo sono
diversificati ma in ogni caso il più delle volte si limiteranno
ad un affascinante pioggia di piombo.

In Borderlands la
voglia di vivere è resa con altrettanta perizia: i nostri uomini
si attaccano alla vita con le mani e con i denti. Svuotata la barra
della salute e quella dell’armatura, avremo ancora una
possibilità per rimanere in vita: uccidere un nemico, prima che
l’oblio ci raggiunga. Nel caso non dovessimo riuscirci, saremo
riportati ad una delle postazioni di respawn sparse per la mappa ed
attivate al nostro passaggio. Su Pandora vita e morte hanno un loro
prezzo, per cui dovrete pagare una certa somma di denaro per ritornare
subito in gioco. A tratti c’è sembrata una soluzione
d’obbligo vista la non sempre ben bilanciata difficoltà
delle missioni.

Spesso, controllando il nostro diario, ci troveremo esclusivamente di fronte a quest
segnalate in rosso o giallo, a rappresentare la difficile
fattibilità della stessa. L’unica soluzione è
affrontare la missione con coraggio e sprezzo della morte.


!==PB==!

Chi non spara in compagnia non è figlio di Maria



Tra gli elementi che ci hanno colpito in modo favorevole,
c’è sicuramente la modalità multiplayer. La co-op
fino a quattro persone porta un completo restyling del titolo che da
luogo dei solitari sospiri diventa un’arena nella quale
socializzare attraverso la carneficina. Il perfetto sistema di
bilanciamento della difficoltà ci ha permesso di trovarci sempre
davanti ad una sfida adeguata: i nemici e il loro livello sono
determinati dalla quantità di giocatori e dalla rispettiva
abilità. Questa scelta è sicuramente apprezzata e grazie
alle diverse classi riuscirà a creare match divertenti e
variegati.

La modalità competitiva, meno innovativa e curata rispetto alla
co-op, è attivabile grazie all’ingresso nelle arene sparse
su tutta la superficie del pianeta. Avremo la possibilità di
confrontarci con altri player in diverse sfide sostanzialmente ispirate
a quelle più blasonate.

Partecipare a partite online è facile ed immediato, la
quantità di opzioni disponibili è decisamente buona,
infatti sarà possibile accedere a match già in corso o
crearne di nuovi. Ogni volta che vi cimenterete nei multiplayer potrete
sia creare un personaggio apposito che usare quello già rodato
nel single-player. Anche su questo aspetto Borderlands
è un prodotto di ottima fattura, capace di divertire senza
troppi fronzoli, adattandosi in pieno allo stile di gioco generale.



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Perfezione o originalità?



Questa è senz’altro la generazione di console con una percentuale maggiore di FPS,
e in un mercato saturo come questo i giocatori diventano esigenti e di
volta in volta vanno alla ricerca di prodotti sempre più
sofisticati. Gli sviluppatori per stuzzicare la fantasia dei probabili
acquirenti si dedicano allo studio della fisica, della balistica, alla
creazione di armi sempre più vicine a quelle reali, col
risultato finale di creare videogame realistici ma che spesso si
allontanano dall’obiettivo principale: divertire. I ragazzi di GearBox
sembrano aver ignorato del tutto le produzioni più moderne,
tentando una via che, seppur già percorsa in passato, riesce in
questo determinato momento a distinguersi.

Borderlands è basato sulla tecnica del cell shading,
divenuta famosa sia tra esperti del settore sia dai giocatori
occasionali, per un look che sa unire un design in stile cartoon ad una
grafica d’ultima generazione. Il risultato è quello di
avere un mondo colorato ed affascinante, che appaga per la sua
semplicità ed immediatezza. Borderlands sotto
quest’aspetto non ha nulla da invidiare alle produzioni migliori,
anzi sembra quasi che sbeffeggi titoli ben più blasonati.
L’impatto visivo che lascia al giocatore è forte, grazie
ad una palette di colori di primissima fattura ed ambientazioni ricche
ed evocative. Pandora è un mondo in rovina, pregno di paesaggi
desertici e strutture architettoniche che possono essere paragonate a
delle baraccopoli futuristiche. Il concept-art dietro questo lavoro
è straordinario, ogni ambientazione gode di una propria
identità capace di immergere il giocatore ricreando
l’atmosfera di ricerca e mistero di questa fantomatica Cripta.

Protagonisti e nemici sono in linea con lo scenario generale; da
segnalare soprattutto l’enorme caratterizzazione. Ogni
personaggio gode di un carisma unico e di notevoli peculiarità,
infatti Pandora
è popolata da una folta schiera di folli e stravaganti abitanti.
Attraverso un clima che ricorda le vecchie pellicole di serie B, Borderlands riesce ad affascinare senza aver bisogno di una grafica che spinge al massimo le console su cui gira.

Tecnicamente parlando il motore grafico riesce nel suo intento, gli
ambienti sono ricchi di particolari e soprattutto molto vasti,
caratteristica indispensabile vista l’impronta free-roaming del titolo.

Peccato per alcune imperfezioni che affliggono il titolo: talvolta si
verificheranno pop-up con la presenza di texture in bassa definizione e
inoltre i tempi di caricamento troppo lunghi possono disturbare il
giocatore più impaziente.

Il comparto audio non brilla per particolari meriti, ma riesce
“sottovoce” ad impreziosire l’esperienza di gioco
finale. Le musiche d’accompagnamento spesso sono poco incisive e
risultano essere appropriate solo nelle fasi più concitate di
gioco. Ottimo invece il doppiaggio che arricchisce la qualità
complessiva del comparto audiovisivo.



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Un vaso di Pandora…



Pandora è sicuramente un mondo affascinante; come ricorda il
titolo si tratta di un gioco al limite, di confine, ma non da
considerare di nicchia. Un gioco che miscela elementi di diversi generi
ma senza finire in un prodotto amorfo e incompleto. Borderlands
riesce quindi a mostrare una propria identità ed uno stile
unico. Il gameplay è fresco e divertente grazie a combattimenti
frenetici dove l’alto tasso di violenza si palesa in tutti i frangenti.
Gli elementi ruolistici si sposano bene con il contesto di gioco e non
vanno ad inficiare sulla modalità multigiocatore che, pur non
essendo perfetta, regala qualche ora di gioco aggiuntiva. Purtroppo la
poca varietà di missioni compromette la durata complessiva del
titolo, che nonostante tutto cerca di farsi rigiocare attraverso nuovi
livelli di difficoltà.

Il comparto tecnico è ben riuscito e va a migliorare l’intera esperienza di gioco.

Aprire questo vaso di Pandora potrebbe risultare un’avventura davvero interessante.