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Recensione L.A. Noire

di: Luca Saati

Nonostante tutti ricordino solo GTA e Red Dead Redemption, Rockstar Games può vantare un ventaglio di IP di assoluto valore. Basti pensare a Midnight Club che con il capitolo ambientato a Los Angeles è stato uno dei migliori racing arcade della scorsa generazione, la serie Max Payne che dopo l’abbandono di Remedy ha comunque dimostrato di poter dare qualcosa con il grandioso terzo capitolo, oppure guardando ancora più indietro troviamo l’amatissimo Bully, con i fan a chiedere ancora oggi un sequel, o il malatissimo (in modo buono ovviamente) Manhunt. L’ultimo da citare, ma non per importanza, è L.A. Noire, videogioco sviluppato da Team Bondi col supporto e la distribuzione proprio di Rockstar Games protagonista di questa recensione grazie al lancio del remaster su PS4, Xbox One e Nintendo Switch. Una riedizione che a noi giocatori ci permette di ritrovare un titolo più unico che raro, mentre Rockstar Games può capire se c’è ancora spazio per questo tipo di produzioni e pensare magari a un possibile nuovo capitolo dopo Red Dead Redemption 2. Noi ce lo auguriamo con tutto il cuore così come ci auguriamo nuovi capitoli delle altre serie citate poco sopra, ma nell’attesa di capire cosa attente il futuro della compagnia siamo ritornati nella Los Angeles più noire che i videogiochi abbiano mai visto.

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Sei anni dopo

Uscito nel 2011, il videogioco di Team Bondi e Rockstar Games presentava una peculiarità che ha settato nuovi standard tecnici: le animazioni facciali. Le espressioni dei personaggi erano le più belle e realistiche all’epoca e ancora oggi a sei anni di distanza è incredibile notare che in pochissimi possono rivaleggiare con questa qualità. Basta uno sguardo al volto dei personaggi per capire le loro intenzioni, si riesce a capire quando mentono o dicono la verità, quando stanno per perdere il controllo dalla rabbia e così via. Si rimane insomma ancora sbalorditi per le animazioni facciali di L.A. Noire capaci di influenzare in modo determinante il gameplay, ma di questo ne parleremo tra poco. Il processo di rimasterizzazione non è però dei migliori, Rockstar Games infatti sembra essersi limitata a fare il compitino nel portare il gioco su console di attuale generazioni. I movimenti dei personaggi ad esempio meritavano una leggera svecchiata, e invece nel 2017 si avverte una leggera legnosità pad alla mano. L’ambientazione e l’atmosfera restano intatte, la Los Angeles del 1947 è stata ricreata con cura alternando una palette di colori più accesi durante il giorno a una più spenta durante la notte che dona al tutto un sapore noire che dà il nome al gioco. Tuttavia non tutto è perfetto in quanto scorrazzando in giro per la città troviamo un fastidioso effetto pop up e una draw distance un po’ limitata. A giovarne nel processo di rimasterizzazione sono invece l’illuminazione, gli effetti particellari, la texturizzazione, il frame rate decisamente più stabile e la risoluzione più alta che, come annunciato dagli sviluppatori, può arrivare al 4K su PS4 Pro e Xbox One X. Il sonoro invece resta immutato con un doppiaggio di livello assoluto e una colonna sonora meravigliosa. Insomma in generale dal punto di vista tecnico L.A. Noire mantiene quel fascino che lo ha caratterizzato sei anni fa, ma resta anche un po’ di amaro in bocca perché con un po’ di impegno in più, approcciandosi magari a questa riedizione in una via di mezzo tra il remake e la rimasterizzazione, si poteva ottenere un risultato sicuramente migliore rendendo l’esperienza di gioco più moderna in tutto e per tutto.

E su Nintendo Switch?

Con la remastered, la Nintendo Switch si arricchisce di un altro gioco di alto livello. LA Noire, difatti, non solo sfrutta lo schermo touch della console per eseguire azioni come parlare con le persone o esaminare oggetti, ma presenta anche un’ottima veste grafica che su portatile dà il meglio di sé. Sono poi perfettamente integrate le funzionalità social del gioco, con cui ci si connette al RockStar Club per avere suggerimenti dei casi. Ottima, infine, l’integrazione con i joycon che permettono una maggiore libertà nell’utilizzo della console; non implementano però nessun tipo di combinazioni da menzionare.

“Il caso che ti crea, e il caso che ti distrugge”

L.A. Noire resta comunque ancora oggi una perla rara di narrazione e di gameplay che, fatta eccezione per la già citata legnosità delle animazioni del corpo pad alla mano, si mantiene molto bene risultando moderno ancora oggi. Il gioco racconta la storia di Cole Phelps, ex marine divenuto un agente della Polizia di Los Angeles. Dopo un po’ di gavetta come agente di pattuglia, Cole trova il caso in grado di dargli la spinta a diventare detective iniziando dal traffico per poi passare alla omicidi e così via. Ma quella di L.A. Noire non è solo la storia di Cole Phelps, ma è la storia di una città che sta affrontando il dopo guerra con una corruzione dilagante tra politici e gli stessi agenti che chiudono più di un occhio pur di avere un proprio tornaconto personale. Ci troviamo dinanzi a un racconto maturo, a tratti anche spietato e amaro, che non ha niente da invidiare ai grandi capolavoro del cinema giallo e thriller.

In totale vi troverete ad affrontare una ventina di casi, tra cui troviamo anche i cinque aggiuntivi proposti in origine come DLC e qui racchiusi ovviamente in un’unica raccolta insieme al gioco per una longevità che si assesta intorno alle venti ore. Non fatevi ingannare dal marchio Rockstar Games, perché L.A. Noire è tutto fuorché un GTA ambientato nella Los Angeles del dopo guerra. Il gameplay infatti si mantiene assolutamente coerente al realismo della sceneggiatura e propone un mix di esplorazione, indagini e azione: la scena del crimine va esplorata con attenzione per trovare tutti gli indizi con tanto di aiuti da disattivare o attivare dalle opzioni per avere il livello di sfida che più si preferisce con alcuni indizi vanno poi analizzati più nel dettaglio, gli interrogatori sono legati vedono sfruttare al meglio le già citate animazioni facciali consentendo a Cole Phelps di capire quando una persona sta mentendo o dicendo la verità accusandola in alcuni momenti apertamente mostrandogli la verità, a tratti sembra che le espressioni non dicano il vero ma è in quel momento che entra in gioco anche l’intuito del giocatore e il capire che tipo di persona si ha davanti; infine abbiamo le fasi d’azione tra sparatorie con tanto di sistema di copertura molto tradizionale, inseguimenti rocamboleschi e qualche scazzottata. Oltre ai casi ci sono anche alcuni extra come una quarantina di crimini di strada e qualche collezionabile come la scoperta dei monumenti di Los Angeles. Nonostante la struttura open world, L.A. Noire resta comunque un’esperienza molto lineare dove l’esplorazione della città è molto fine a se stessa che si fa più per un proprio piacere che per scoprire segreti o altro. Anche la risoluzione dei casi presenta una certa linearità di fondo poiché in alcuni momenti si può sempre sbagliare ad arrestare il colpevole, ma il gioco interverrà proponendo una scena aggiuntiva così da riportare il tutto sui binari giusti.

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Commento finale

Il fascino di L.A. Noire resta immutato anche sei anni dopo nonostante in alcuni momenti il peso degli anni si facciano sentire sulle spalle. Se escludiamo i buoni DLC, chi ha giocato a suo tempo l’avventura di Cole Phelps non troverà molti motivi per ritornare nella Los Angeles degli anni ’40, come diciamo sempre, in questi casi dipende tutto dalla vostra voglia di rigiocare il titolo. Coloro i quali si sono macchiati del terribile crimine di non aver giocato L.A. Noire su PS3 e Xbox 360, adesso non hanno più scuse ed è arrivato per loro il momento di redimere la propria anima. Perché L.A. Noire è una perla, un’esperienza più unica che rara che almeno una volta va vissuta.