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Recensione Intruders: Hide and Seek

di: Simone Cantini

Che bello giocare a nascondino, uno dei miei passatempi di quando ero ancora ragazzino, e con gli altri bambini del quartiere inscenavamo corpose cacce all’uomo tra i palazzi della zona. Nascondersi, scrutare dietro ad ogni angolo, pronti a scattare al minimo rumore sospetto, nel tentativo di raggiungere la salvezza e sbeffeggiare lo sfigato di turno che, invano, aveva cercato di darci la caccia. Insomma, un vero e proprio must di quel multiplayer fisico e realmente sociale che oggi sembra definitivamente tramontato, soppiantato da attività virtuali più o meno riuscite. Eppure anche uno svago così antico, se scatta la giusta scintilla, può venire declinato all’interno del panorama videoludico, a patto di renderne più cariche di tensione le atmosfere di gioventù, proprio come ha fatto Intruders: Hide and Seek.

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Mi è sembrato di vedere un bambino

Avete presente Panic Room, il film di David Fincher in cui un trio di malintenzionati si intrufola nella casa di Jodie Foster per cercare di recuperare un’ingente somma di denaro? Ebbene, il plot che fa da sfondo al gameplay di Intruders: Hide and Seek, ricalca a grandi linee quanto visto nella pellicola, pur non risparmiandosi le dovute modifiche del caso: nella produzione Tessera Studios vestiremo i panni di Ben, un bambino che si ritroverà costretto a sfuggire alle amorevoli attenzioni di un poco raccomandabile trio, nel tentativo di sopravvivere a quella che sarà la notte più lunga della sua vita, oltre a tentare di mettere in salvo i genitori e la sorellina ammalata. Data la sua giovane età, Ben non potrà di certo combattere, pertanto dovrà fare affidamento sulle sue piccole dimensioni e sull’oscurità che avvolge la casa in cui vive, per evitare di essere catturato: sfruttando le ombre ed i nascondigli presenti nell’abitazione, il nostro piccolo eroe si cimenterà in una pericolosa versione del classico nascondino, in cui sarà la voce della sorellina, rinchiusa in una stanza blindata ed armata di walkie talkie, ad indicargli di volta in volta le azioni da compiere. Per quanto breve e portabile a termine in circa 3 ore, l’avventura proposta da Intruders: Hide and Seek è sorretta da una trama interessante e ben recitata, che si svelerà pian piano sotto i nostri occhi, trasformando quella che potrebbe apparire come una semplice rapina in un qualcosa di più torbido e doloroso. Ovviamente la parte del leone è comunque rappresentata dal gameplay che, nonostante la sua semplicità, si è rivelato ben calibrato ed implementato, oltre che capace di acuire in modo palpabile la tensione. Intruders: Hide and Seek non bara mai con il giocatore, lasciando sempre un cospicuo margine di manovra, in cui gli script degli avversari non rendono mai impossibile la lettura dell’ambiente, permettendo di attuare la strategia che vogliamo: devo confessare che, trattandosi di un titolo basato su elementi stealth, la preoccupazione che il gioco richiedesse un approccio fortemente improntato al trial and error era forte, ma dopo aver terminato l’avventura mi sento di dire che i ragazzi di Tessera Studios sono riusciti a calibrare perfettamente la progressione. Il limite del titolo, dunque, appare essere proprio la sua ristretta complessità, dovuta in primis alla esigua durata del playthrough, che non ha permesso di sviluppare in modo più ampio il gameplay, come testimonia la presenza di un minigioco volto a regolare la tensone di Ben all’interno dei nascondigli, che mi è però capitato di testare solo in quello che è il prologo/tutorial di Intruders: Hide and Seek. Vero è che ambientare tutto quanto all’interno della magione ha reso necessario comprimere la durata, visto che non tutte le case si chiamano Villa Spencer, ma resta comunque il rammarico per un titolo che, pur basandosi su premesse intriganti, finisce con l’esaurirsi davvero troppo in fretta.

L’importanza della luce

Data la presenza di un ambiente di gioco in prevalenza oscuro, era lecito aspettarsi una complessità tecnica maggiore da parte di Intruders: Hide and Seek, eppure il team non è riuscito a presentare un’estetica in grado di beneficiare di un simile escamotage. La presentazione scenica, difatti, non è certo irresistibile, ed ha soprattutto nella modellazione dei personaggi il suo punto debole più marcato, ad eccezione del sinistro villain mascherato che, vuoi per la sua spietatezza, riesce ad emergere dalla piattezza generale. La stessa gestione delle fonti di luce, inoltre, non fa gridare al miracolo, vista la loro evidente rigidità: da un gioco che fa della penombra il proprio asse portante, mi sarei aspettato una cura maggiore. Ben più interessante il comparto audio, che può vantare un doppiaggio in lingua inglese (sottotitolato in italiano) di buona fattura. Pur potendo essere giocato in modo canonico, Intruders: Hide and Seek vanta anche la compatibilità con il PlayStation VR, periferica che ben si sposa con le meccaniche alla base del titolo. Giocare con il visore in testa, come prevedibile, aumenta in modo marcato l’immedesimazione, oltre a corroborare sensibilmente la tensione che si respira ad ogni passo.

Intruders: Hide and Seek è un onesto thriller, sorretto da un gameplay e da una narrazione interessanti, ma che finisce con l’esaurirsi in modo un po’ troppo sbrigativo ed indolore. L’avventura di Ben saprà di certo tenere incollati al pad, facendoci trattenere il respiro in più di un’occasione, ma è evidente come una progressione un minimo più dilatata avrebbe finito per giovare alla prduzione Tessera Studios. In definitiva si tratta di una buonissima avventura stealth, semplice ed immediata, ma capace di svolgere a dovere il proprio compito. Certo, se fosse durata un pochino di più…