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Recensione How to Survive: Storm Warning Edition

Era ora, finalmente un gioco in cui ci sono gli zombie, ne sentivo davvero la mancanza. Scusate l’ironia ma mi sento letteralmente circondato da questi esseri: cinema, serie tv, romanzi, fumetti, videogames (aggiungerei anche l’Inter di Mazzarri). Ora voglio proprio vedere chi è il primo che mi dice che gli zombie non esistono. Ah, a proposito, vediamo un po’ com’è questo How to Survive: Storm Warning Edition, rilasciato su PS4 e Xbox One in questi giorni ad un anno dalla sua apparizione sulle console cosi dette old gen.

di: Giovanni Manca

Era ora, finalmente un gioco in cui ci sono gli zombie, ne sentivo davvero la mancanza. Scusate l’ironia ma mi sento letteralmente circondato da questi esseri: cinema, serie tv, romanzi, fumetti, videogames (aggiungerei anche l’Inter di Mazzarri). Ora voglio proprio vedere chi è il primo che mi dice che gli zombie non esistono. Ah, a proposito, vediamo un po’ com’è questo How to Survive: Storm Warning Edition, rilasciato su PS4 e Xbox One in questi giorni ad un anno dalla sua apparizione sulle console cosi dette old gen.

Lost

Naufraghi, ci troviamo su un’isola sperduta in mezzo all’oceano che ben presto scopriremo infestata da esseri infetti non morti, zombie appunto, che si cibano di carne umana in piacevoli banchetti di cui potremmo far parte in modo del tutto passivo, e altre creature immonde. Lo scopo della nostra avventura sarà quello di riuscire a sopravvivere e scappare dall’isola (di cui poi capiremo che fa parte di un piccolo arcipelago) insieme ad altri superstiti del naufragio. E’ possibile scegliere il personaggio con cui affrontare il gioco: Kenji, il classico figaccione piuttosto equilibrato in tutte le caratteristiche (salute-resistenza-precisione-forza), Nina, resistente ma debole in attacco, Abby, più precisa e forte di Nina ma meno resistente e il roccioso Jack, poco resistente ma dannatamente forte. La scelta del personaggio condiziona il sistema di gioco non solo in relazione alla caratteristiche che abbiamo citato ma anche in riferimento a delle abilità “esclusive”, come ad esempio la capacità di costruire particolari oggetti. HtS potrebbe essere definito come un action RPG, con visuale dall’alto (alla Diablo, più o meno, per intenderci), particolarmente sbilanciato a favore del crafting, della ricerca del drop, più che dell’evoluzione del personaggio stesso. Durante l’esplorazione troveremo dei manuali di sopravvivenza scritti in modo da un misterioso Kovac (che incontremo ben presto) che ci illustrano tutte le tecniche che ci verranno utili, dal combattimento a corpo a corpo a quello a lunga distanza, dalla costruzione di vari oggetti all’uso delle risorse naturali dell’isola. Come abbiamo accennato, il gioco si scopre un passo alla volta ed è calibrato in modo che il giocatore non si trovi impreparato ma che abbia le risposte e l’esperienza per affrontare tutte le situazioni: siamo in un isola, impareremo a sfamarci, a curarci, a costruire arme rudimentali e a difenderci nel cuore della notte. Ma costruire come? Il sistema è semplice, senza particolari margini di errore: a parte i comodi tutorial “obbligati” che si incontrano durante l’avventura, nel menù è sufficiente selezionare un oggetto e premere su “combina” in modo che vengano evidenziati gli altri oggetti utili al progetto. Il canovaccio è costituito da una serie di missioni che coinvolgono diversi personaggi e che consentiranno di acquisire le abilità per una esplorazione completa delle isole dell’arcipelago.

1998

L’avventura principale non è particolarmente lunga ma il grado di difficoltà è decisamente sopra la media dei giochi attuali, non solo per il rapporto forza/resistenza dei protagonisti, qualunque venga scelto, e i nemici ma anche per un sistema di controllo che potremmo definire “un classico anni ‘90”, che poco lascia spazio agli errori del giocatore e, soprattutto, ad una pressione casuale e/o precipitosa dei pulsanti utili agli attacchi. E’ un sistema classico dunque, riveduto è corretto, che utilizza i due stick per muoversi e mirare, secondo lo standard dei Twin Stick Shooter, un pulsante per gli attacchi, uno per le esecuzioni e un altro per utilizzare gli oggetti. Questo non è proprio comodissimo, dal momento che per skippare da un item all’altro e necessario premere contemporaneamente un pulsante laterale e la croce direzionale e, ciò, in fase di rischio, può essere un bel problema. Dicevamo che il sistema non è per nulla permissivo e questo soprattutto nei combattimenti a distanza ravvicinata: se si usa un bastone piuttosto che un machete, occorre calcolare con precisione i tempi di esecuzione mentre se si usa un’arma da fuoco bisogna essere sicuri di colpire il bersaglio perché i tempi di ricarica potrebbero farci fare brutta fine. Soprattutto all’inizio, il sistema è davvero ostico e non nascondiamo che molti potrebbero non avere voglia di abituarsi e, di conseguenza, alzare bandiera bianca. Oltretutto, non è possibile in alcun modo gestire la visuale e limita discretamente sia l’esplorazione ma in particolar modo l’attacco e la difesa visto che spesso e volentieri l’azione è impallata da elementi della scenografia, come alberi, rocce, edifici e così via. Questo ci riporta parecchio indietro nel tempo, quando gli hardware in giro non permettevano certe performance grafiche e si doveva fare di necessità virtù: siamo però nel 2014 e, per lo meno, si esige che la grafica sia per lo meno funzionale al gioco e non un ostacolo indesiderato.

Storm Warning!

Non la storia principale, questa è la versione per Xbox One e Ps4, zombie maledetti! In effetti, quasi quasi, ci siamo divertiti più con le modalità di gioco di questa edizione Storm Warning che con l’avventura vera e propria. Sono la “modalità sfida”, otto missioni in uno scenario casuale dagli obiettivi prestabiliti, “One Shot Escape”, in cui si cercano gli oggetti per riparare dei mezzi con cui fuggire, “Barricate”, una vera e propria modalità orda in cui di giorno di cercano risorse e, di notte, si protegge l’avamposto dagli zombie costruendo torrette e difese di altro tipo. Tutte le modalità di gioco che abbiamo citato, storia inclusa, possono essere giocate insieme ad un amico in locale o online, ed è previsto un sistema di classifiche con cui confrontare i propri record. Della realizzazione tecnica abbiamo in parte già parlato, in particolare di quanto la visuale della telecamera spesso crei dei veri e propri grattacapi; evidentemente non siamo davanti ad un porting che mira a stupire per la realizzazione grafica e HtS neppure ci prova, risultando molto ma molto simile all’edizione dello scorso anno per Xbox 360 e PS3. Il dettaglio generale non è ricchissimo, al contrario, e le animazioni sia dei protagonisti che dei nemici sono poche e per nulla convincenti: la camminata, la corsa, il salto da una posizione elevata (!), gli attacchi sono quasi approssimativi. Il sonoro invece è convincente, buone le musiche d’atmosfera, il doppiaggio in inglese (i testi sono in italiano), meno gli effetti sonori, quasi timidi.

Ancora con gli Zombie

HtS: SW è un’esperienza di gioco, considerati i tempi, atipica quanto rara. A parte il discorso sugli zombie e sulla relativa trama che nulla aggiungono al panorama attuale a parte la voglia di non vederne più in giro, il sistema di gioco, con tutti i suoi difetti e un retaggio di un passato quasi dimenticato, potrebbe divertire i nostalgici più audaci, che rimpiangono (a volte) classici concept dimenticati in un cassetto. Chi cerca invece un sistema di gioco e di controllo perfetto, moderno, odia il backtracking come la sabbia nel letto, stia lontano da HtS: SW. Zombie avvisato…