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Recensione Halo 4: torna lo Ch(i)ef, ma la ricetta è la stessa

La Bungie Era si è ormai conclusa ed è doveroso prima di tutto tributare qualche riga a questo studio che di fatto (ci piaccia o no) ha rinnovato, ottimizzato e potenziato il concetto di multiplayer online. Ma ora è tempo di cambiare,rispolverate caschetto e visiera, recuperate quanti più proiettili riuscite a trovare sottomano e mettetevi le scarpette da corsa. Questa è un’avventura da percorrere tutta d’un fiato.

di: Pasquale "corax" Sada

La Bungie Era si è ormai conclusa ed è doveroso prima di tutto tributare qualche riga a questo studio che di fatto (ci piaccia o no) ha rinnovato, ottimizzato e potenziato il concetto di multiplayer online. A loro va giustamente riconosciuta la capacità di ricreare un systema competitivo così ben strutturato da far impallidire anche alcuni sport con una storia centenaria. Complimenti a Bungie e benvenuti a 343 che si trova a dover affrontare una missione per nulla facile: riesumare Master Chief e riportarlo in pompa magna all’apice degli sparatutto in prima persona. Rispolverate caschetto e visiera, recuperate quanti più proiettili riuscite a trovare sottomano e mettetevi le scarpette da corsa. Questa è un’avventura da percorrere tutta d’un fiato.

Padri fondatori

Halo 3 è datato 2007,quindi, se la matematica non ci inganna sono passati 5 anni dall’ultima apparizione di John 117, aka Master Chief. Con Halo 4 facciamo un balzo, invece, di ben otto anni che ci precipita in un nuovo sconosciuto pianeta, bloccati in una camera iperbarica e completamente al buio. Per fortuna la fedele Cortana tra le sue funzioni di superintelligenza super artificiale è in grado quantomeno di accendere la luce, rivelandoci l’alba di una nuova avventura. Dite pure addio alla vecchia saga e benedite l’arrivo del filone dei Forerunnes, l’antica popolazione che si trova alla base della tecnologia degli Halo e adoratori incalliti del Manto. E’ un cambiamento di registro non indifferente che cerca di portare con scarsi risultati una certa profondità all’intero brand. Il soldatone di latta si troverò invischiato in una vicenda sicuramente più grande di lui con dei risvolti non di poco conto che prendono a piene mani dalla tradizione fantascientifica classica e moderna. C’è un po’ di tutto dal mito dei Padri fino al classico quesito asimoviano “cosa distingue un’intelligenza artificiale da quella umana?”. Il problema di fondo rimane però quello congenito del genere e della sua realizzazione: non c’è spazio, non c’è misura e non c’è modo in questo titolo per affrontare qualcosa di così spinoso e contorto. E’ un po’ come pretendere di parlare di filosofia kantiana tra i botti di capodanno, con lievi digressioni sulla morte della propria madre. Il risultato è abbastanza patetico e annacquato con una conclusione che pare tirata con la fionda. Il Didatta e i Forerunners provano a svecchiare un po’ l’aria, ma risultano in troppi casi stucchevoli e scontati con i loro proclami a mo’ di comizio. Buoni gli effetti sonori, la colonna sonora e il doppiaggio che assolvono alla funzione di timonieri su un barcone alla deriva. Girano, girano, girano eppure alla fine la costa è sempre più lontana.

Halo-ing

Halo. Potremmo liquidare l’analisi con questa semplice parola, ma non renderemmo giustizia alle seppur piccole introduzioni che 343 ha innestato su un tronco mastodonticamente generato dai predecessori. Halo 4 non fa gridare al miracolo per ritmo, innovazione o intelligenza artificiale, ma si limita a riproporre un modello di gioco conosciutissimo con qualche spruzzata coriandolesca di funzioni aggiuntive. Il buon Master Chief si muove con maggiore agilità, abbandonando quella pesante camminata che l’ha contraddistinto sin dalla sua nascita. Le missioni sono organizzate con il classico schema punto A a punto B con qualche assaggio di arene e spazi aperti in grado di dare più respiro alla manovra d’attacco. La millantata pretesa esplorativa si riduce a qualche foresta con sentieri sdoppiati, che comunque non costituisce il punto più basso dell’intera esperienza. Ben presto dovremo affrontare delle missioni direttamente pescate dai predecessori che scadono quasi nel ridicolo. Ormai anche il buon spartan deve essersi stancato di disattivare i soliti tre beacon, di raggiungere in Pelican le solite tre torri, ripulirle e poi viaggiare verso l’ennesimo scontro decisivo come un kamikaze. L’alleanza Covenant neanche ci prova più a mettere in campo una resistenza degna di questo nome, riproponendo pattern d’attacco e flebili tentativi di accerchiamento ormai datati che quasi vanificano il lavoro fatto sul ribilanciamento delle armi e l’introduzione della tecnologia dei Forerunners. Per fortuna ad aumentare il tasso di sfida ci pensano i nuovi (o vecchi visto che sono stati creati prima di qualsiasi essere conosciuto) Prometheans che tra cavalieri, crawler e cecchini mettono su una bella squadra, fatta più di forza e quantità che di strategia. Proprio questa superiorità in termini di potenza pura si risolverà contro gli stessi creatori, messo mano all’arsenale prometheans Master Chief si trasformerà,infatti, in un vero e proprio Terminator intergalattico, coadiuvato anche dal ritorno dei poteri innescabili con pulsante dorsale. C’è tutta la famiglia che va dallo scudo protettivo fino al jetpack coi nuovissimi arrivati alieni tra i quali si segnala la sentinella, una sorta di drone in grado di aiutarci in combattimento. La campagna scorre abbastanza liscia con qualche difficoltà in più a modalità Eroico e Leggendario, ma siamo sempre in termini di hitpoint e resistenza scudi e non di maggiore tatticità dei nostri avversari. Grande ritmo sul finale che riscatta i momenti di estrema noia nelle fasi centrali, che poi centrali non sono visto che citano pesantemente i primi Halo. Dejavù e qualche botta di adrenalina…

Engined!

Finalmente questo è il colpo d’occhio che aspettavamo in Halo 3. Questo ultimo capitolo è sicuramente quello con il dettaglio grafico più riuscito, pulito ed immersivo della serie. La gestione delle luci è eccellente, tanto da creare atmosfere davvero uniche. E’ forse il miglior pregio di questo Halo 4 che si mantiene coerente con il proprio fiction world senza però adagiarsi troppo sugli allori. I risultati migliori si hanno sicuramente in campo aperto e nelle strutture prometheans dove l’artwork raggiunge livelli davvero eccellenti. Meno per quanto riguarda il lato “umano”, ma visti gli spazi angusti e lo stile spartano è abbastanza comprensibile che colpiscano sensibilmente meno rispetto alle controparti aliene. Le nuove armi, oltre a fare un gran fracasso, hanno anche una linea particolare e coinvolgente che aumenta quella sensazione di “spazio conquistato”. Il comparto visivo e sonoro sono senza dubbio il fiore all’occhiello del lavoro di 343.

Same old S…

Story and same old gameplay. Ne saranno felici i fan sfegatati di Halo, molto meno chi è alla ricerca di un buon sparatutto. Il titolo di Bungie come accennavamo sopra è sicuramente un capostipite di un certo di tipo di first person shooter, ma di acqua sotto i ponti ne è passata. Dopo il flood dei Flood, c’è stato il flood degli FPS e ci saremmo aspettati qualcosa di davvero meglio concepito, meglio orchestrato e organizzato per una serie che si vanta come Flag carrier della compagnia di Redmond. Il risveglio di Master Chief è stato brusco, ma non scoppiettante. Ora dobbiamo solo aspettare che dalle sue ossa si scolli la ruggine e porti delle novità sostanziali come fece Combat Evolved. Halo 4 è un titolo dissociato e dalla personalità multipla, tant’è che il multiplayer si becca una sua conclusione a parte perché è giusto rispettarne la diversa qualità e natura.