Recensioni

Recensione Fallout 4

Non volevo farlo, però quando ho visto che il gioco era in assegnazione redazionale non ho saputo resistere. E dire che avrei preferito godermelo in tranquillità, assaporando ogni passo in maniera quanto più spensierata possibile, senza avere sul collo il fiato ansioso e fastidioso del mio io recensore. Ed è innegabile come questo fatto abbia condizionato in maniera pesante, ma mi auguro il più oggettiva possibile, l’analisi di Fallout 4, seguito dei due giochi che più ho amato e con i quali ho trascorso il maggior numero di ore nella scorsa generazione. Prima di lanciarmi in questa, per me, complicatissima impresa, non posso però esimermi dal pormi ancora una volta questa fatidica domanda: ma sono davvero passati quasi 8 anni dal terzo capitolo della saga?

di: Simone Cantini

Non volevo farlo, però quando ho visto che il gioco era in assegnazione redazionale non ho saputo resistere. E dire che avrei preferito godermelo in tranquillità, assaporando ogni passo in maniera quanto più spensierata possibile, senza avere sul collo il fiato ansioso e fastidioso del mio io recensore. Ed è innegabile come questo fatto abbia condizionato in maniera pesante, ma mi auguro il più oggettiva possibile, l’analisi di Fallout 4, seguito dei due giochi che più ho amato e con i quali ho trascorso il maggior numero di ore nella scorsa generazione. Prima di lanciarmi in questa, per me, complicatissima impresa, non posso però esimermi dal pormi ancora una volta questa fatidica domanda: ma sono davvero passati quasi 8 anni dal terzo capitolo della saga?

The First of Us

Non cadrò nella facile tentazione di spoilerarvi a modino l’incipit di Fallout 4, anche perché le vostre offese me le voglio serbare tutte per il giudizio finale. Vi dirò soltanto che la storyline principale muove i primi passi in una maniera che sembra quasi strizzare l’occhio a The Last of Us, sia per tematiche che per repentino cambio di setting. Il tutto darà poi il via ad una caccia all’uomo che porterà il nostro alter ego, maschile o femminile che sia, a percorrere in lungo e in largo il Commonwealth, l’area che circonda la nostra Boston postatomica. E poco importa se sia intrigante o banale, dato che soffermarsi unicamente sulle vicende principali non renderebbe giustizia alla cura che Bethesda ha riversato nell’ennesima caratterizzazione di questo mondo devastato: limitarsi a portare a termine la missione principale, difatti, non potrà certo rivelarsi un’esperienza appagante e completa, dato che come vuole la tradizione cara a simili produzioni, le quest opzionali sono quasi fondamentali per apprezzare a pieno la grandezza del mondo di gioco.

War Never Changes?

Quando i ragazzi di Bethesda annunciarono di essersi ispirati a Destiny per il gunplay di Fallout 4, i dubbi in merito ad una svolta lievemente più action del titolo iniziarono a serpeggiare tra i fan. Già era stata mal digerita dagli integralisti della serie la semplificazione degli elementi ruolistici che aveva reso il terzo capitolo un titolo profondamente differente dai capitoli originari, figuriamoci come avrebbero reagito al cospetto di un ulteriore snaturamento. E devo dire, ahimè, che in parte questi timori trovano terreno fertile in Fallout 4 che, seppur non essendo divenuto il nuovo FPS di riferimento, non fa mistero di aver ulteriormente snellito la sua anima di RPG. L’abbandono parziale della sua indole tattica, di cui il VATS era l’espressione principe, si nota proprio nell’utilizzo di tale sistema di mira che, adesso, non congela l’azione, bensì si limita a rallentarla, elemento che rende gli scontri più frenetici senza che ce ne fosse bisogno. La frenesia di lotta, difatti, poteva tranquillamente continuare ad essere relegata nella possibilità di combattere in tempo reale, tanto più che in questo nuovo capitolo tale meccanica è stata ulteriormente raffinata, pur non raggiungendo comunque la perfezione dei FPS nudi e puri. Come se non bastasse è stato completamente eliminato il sistema del karma e relativo allineamento: può sembrare una mancanza irrilevante, ma l’assenza di ripercussioni tangibili e persistenti legate al nostro operato rende il mondo di gioco meno vivo e reale di quanto non lo fossero la Zona Contaminata e la Strip. Ultima lacuna, ma non meno importante, è da ritrovare nella nuova gestione delle armi e degli equipaggiamenti, adesso non più soggette ad usura e quindi tranquillamente utilizzabili all’infinito. Tale modifica stride pesantemente con l’inserimento della modalità di crafting, tramite la quale è possibile modificare e migliorare ogni oggetto di offesa e difesa, rendendo di fatto l’abbondanza di strumenti recuperabili sul campo di gioco, siano essi doppi o più deboli di quelli in nostro possesso, unicamente una pesante ed ingombrante fonte di materiali. Chiude il cerchio delle criticità la perdita di peso specifico dei valori S.P.E.C.I.A.L., i quali hanno visto sminuire in maniera sensibile il loro impatto sulle performance del nostro personaggio (ad eccezione di alcuni aspetti minori), finendo con il divenire unicamente degli step necessari a sbloccare i vari perk, che sono divenuti ancor più adesso il nucleo centrale dello sviluppo dell’eroe. Messa così sembrerebbe quasi che Fallout 4 sia un disastro come gioco di ruolo, ma è giusto sottolineare come la bontà di tale gameplay possa tranquillamente far impallidire la stragrande maggioranza dei titoli rivali. I motivi di queste amare constatazioni sono unicamente da imputare al fatto che una simile infrastruttura paga il doversi portare appresso la pesante eredità legata al nome di Fallout. Non mancano comunque anche alcune aggiunte interessanti che sottolineano in maniera positiva gli sforzi compiuti da Bethesda per cercare di rinnovare l’offerta ludica. La novità più macroscopica è riscontrabile nella possibilità di creare e gestire gli accampamenti, una volta che questi sono stati liberati dai nemici che li infestano. Tale sistema, a metà strada tra un Sim City e un The Sims, ci permetterà di creare strutture, gestire i campi, creare fortificazioni, oltre a consentirci di assegnare ai vari NPC varie mansioni. L’idea, per quanto totalmente opzionale, è decisamente interessante e ben integrata nel gioco, seppur come la maggior parte delle varie funzioni venga presentata al giocatore in maniera brutale, senza essere accompagnata da alcun tutorial. E data la complessità di fondo del sistema sarebbe stata un’aggiunta gradita. Completano il quadro delle attività opzionali, alcune sub quest legate alle fazioni di gioco con le quali ci potremo alleare nel corso delle nostre peregrinazioni lungo il Commonwealth: niente che non si sia già visto in passato, ma rappresentano comunque un saldo punto fermo.

Desolazione tecnica

Giungendo palesemente in ritardo nei confronti del day one, è impensabile credere che non abbiate letto notizie in merito al disastroso comparto tecnico di Fallout 4. Dal canto mio, grazie al test condotto sulla versione Xbox One del gioco, non posso fare altro che confermare, almeno in parte, tutte le criticità. La più evidente è senza dubbio quella legata all’aspetto estetico che, parlando chiaramente fuori dai denti, è decisamente inadeguato all’attuale generazione di console. Soprattutto alla luce degli anni che separano Fallout 4 dai precedenti episodi. Giocando è palese come Bethesdaabbia operato al risparmio, riciclando pesantemente ed in maniera palese asset provenienti dal suo passato, limitandosi ad aumentare la risoluzione. Modelli poligonali vecchi, texture in bassa definizione, animazioni da rivedere ed una recitazione virtuale da dimenticare sono impossibili da trascurare e, seppur non abbiano mai rappresentato un fiore all’occhiello della serie, è quanto mai grave pensare di esordire nel 2015 in maniera così imbarazzante. Ovviamente il tutto condito con glitch vari, compenetrazioni assortite ed un’IA alleata ed avversaria non invidiabile. Fortunatamente, oltre alla migliore pulizia dell’immagine garantita dall’aumento di risoluzione, non mancano anche gli aspetti positivi. Il primo, per quanto soggettivo, è dato dalla palette cromatica scelta per dare vita al Commonwealth: Boston e dintorni, difatti, possono beneficiare di colori decisamente più vivaci di quelli visti in passato e tale scelta ha il vantaggio di rendere meno monotono il paesaggio. Ottimo anche il ciclo orario dinamico e le condizioni meteo variabili, oltre al rinnovato sistema di illuminazione e alla gestione degli elementi particellari: la polvere che aleggia negli (squallidi) interni fa sempre il suo bell’effetto. Personalmente, inoltre, non ho riscontrato gli indecenti cali di frame rate con i quali si sono riempiti la bocca i redattori di mezzo mondo: i 30 frame al secondo costanti sono ovviamente un miraggio, ma durante il giocato non mi sono mai incappato in rallentamenti particolarmente evidenti. Luci ed ombre funestano anche il comparto sonoro: le nuove stazioni radio disponibili, oltre a presentare una parte di playlist riciclata, non possono competere con il mitico Tre Cani e la sua Galaxy News Radio. Discreto, ma non eccellente, il doppiaggio in italiano. Qua però non possiamo che toglierci il cappello al cospetto di una localizzazione mastodontica, a cui dovrebbero guardare con riverenza molti studi (Rockstar anyone?).


Mi sanguinano le mani nello scrivere quanto state per leggere. E tale dolore ha origine nell’amore che nutro per la serie sin dal primo, lontanissimo episodio. Ho sperato con tutto il cuore di tributare l’onore supremo a Fallout 4, elevarlo insindacabilmente al rango di Gioco dell’Anno, senza se e senza ma. Però, come si può chiaramente notare, non è così. Ed il motivo, più per demeriti personali, è dovuto al passato ingombrante con cui è chiamato a confrontarsi: Fallout 4 è un gioco decisamente valido, ma la sua arretratezza tecnica ed il suo essere fondamentalmente troppo distante dalla sua essenza principale non possono essere sottovalutati. È come ordinare una pizza e vedersi servire un’invitante piadina fumante: buona quanto si vuole, ma neppure lontanamente paragonabile a quanto ci era stato promesso dal cameriere.