Recensioni

Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato

di: Andrea "Macchiaiolo" Barbara

16 anni, abbiamo dovuto aspettare 16 anni per poter mettere le nostre manacce sudate sul quel capolavoro che fu Dragon Quest VII su Playstation e che grazie a questa conversione può esserlo di nuovo.
Di questi 16 anni, tra l’altro ne abbiamo passati quasi 4 alla finestra a maledire chiunque non si decidesse a portare in Europa questo remake per 3DS.

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Ora, con il gioco nelle nostre console, tutto si sfuma e con un tuffo nel passato sembra quasi che Dragon Quest sia sempre stato qui, accanto a noi.
Sì perché se c’è una cosa che genera questo Dragon Quest VII più di altro è proprio quella nostalgia che diventa così palpabile più ci immergiamo nel gioco che a volte capita di sollevare lo sguardo dal piccolo schermo del 3DS alla furiosa ricerca di un calendario per avere la conferma di non essere ritornati nei gloriosi anni ’90, periodo d’oro del genere Jrpg.
Questa sensazione è resa grazie ad un’impostazione che più classica non si può.
La meccanica di gioco è così ancorata al passato che molto probabilmente spaventerà i nuovi giocatori, abituati da anni a giochi molto più permessivi e accomodanti. Non sto parlando di mera difficoltà ma bensì proprio della struttura portante dello stesso gioco.
Il backtracking regna sovrano e ci troveremo a ripercorrere decine e decine di volte le stesse ambientazioni. I tempi di gioco sono lunghissimi e molto diluiti, grazie anche ad un ritmo molto compassato, basti pensare che il primo vero scontro lo abbiamo dopo quasi 2 ore di gioco, sempre meglio ovviamente delle 5 necessarie nella versione originale.
Per poter procedere con una certa sicurezza è inoltre necessario un costante grinding che non si sposa molto con i giocatori di oggi a meno che non stazionino nei mmorpg che tanto vanno in queste generazioni.
Certo qualcosa è stato fatto per modernizzare il titolo e per certi versi risulta anche più avanti di altri jrpg usciti in questa o nella generazione precedente.
Ad esempio gli scontri casuali hanno lasciato lo spazio a nemici ben visibili sulla mappa con i loro bei modelli tridimensionali, molti tempi sono stati tagliati, del resto parliamo di uno dei giochi di ruolo giapponese più lunghi di sempre.
La struttura di gioco si può riassumere in due fasi ben distinte: esplorazione e combattimento.
Il combattimento è quello classico già visto nei precedenti capitoli della serie. Rispetto al passato gli sprite degli avversari hanno lasciato il posto a modelli tridimensionali fatti egregiamente ed è possibile vedere l’attacco dei nostri eroi portato fisicamente sul nemico. La battaglia si svolge a turni regolati dalle velocità dei partecipanti, velocità che possiamo influenzare con incantesimi o oggetti.

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L’esplorazione avviene su una mappa tridimensionale in cui viene mostrato l’intero party in fila indiana e i mostri che popolano le zone, che rappresenta sia l’esterno che l’interno di villaggi ricreati sapientemente o i pericolosi dungeons, fiore all’occhiello da sempre della serie.
L’esplorazione è strettamente connessa alla trama del gioco.
I nostri eroi inizialmente partiranno su un’isola dove gli abitanti sono convinti che tutto il mondo esistente si limiti all’isola stessa. Piano piano con il susseguirsi degli eventi potremo esplorare le nuove isole che si materializzeranno risolvendo il mistero che si cela dietro ogni isola.
Questa struttura basata su mini-storie si sposa perfettamente con la natura portatile di questa versione.
Infatti sarà possibile interrompere la partita anche per giorni dopo aver risolto un mistero senza avere la paura di non ricordarsi eventi passati come è solito nei jrpg più classici.
Per aumentare la portabilità inoltre è stato aggiunto il salvataggio rapido che permette di memorizzare la partita in ogni momento, fatta eccezione dei combattimenti, creando un’immagine temporanea che viene cancellata al momento del caricamento. Questa soluzione dovrebbe essere inserita in ogni gioco che vede la luce su portatile, proprio perché permette di interrompere la partita in qualsiasi istante senza doversi necessariamente affidare alle varie modalità riposo che offrono gli svariati handheld.

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Le battaglie sono quanto di più classico ci sia, turni e fino a quattro eroi a cui impartire gli ordini.
Il ritmo degli scontri è molto sostenuto e difficilmente un combattimento porterà via molto tempo.
E’ possibile inoltre configurare il comportamento dei propri eroi di modo che agiscano in modo automatico.
Un aspetto molto apprezzato, visto l’alto numero di scontri che dovremo sostenere anche solo per livellare adeguatamente quando l’asticella della difficoltà tenderà ad alzarsi.
A tal proposito posso tranquillizzare i più, magari spaventati per l’eccessivo classicismo del gioco. La curva di apprendimento è molto dolce e accompagna alle strategie più complesse con l’avanzare dell’avventura.
Dopo un certo punto della storia potremo sbloccare le classi, chiamate per l’occasioni vocazioni.
Devo ammettere che l’uso di questi “mestieri” è il più affascinante visto in un videogioco di ruolo.
Ogni classe non va solo a sbloccare abilità altrimenti non utilizzabili, ma va a modificare le caratteristiche di base dei personaggi, motivo per cui l’uso di una classe rispetto all’altra va valutato molto bene per costruirsi un party adeguato alle varie situazioni che ci troveremo ad affrontare.
Ogni classe inoltre può salire di livello come gli stessi personaggi, andando a rappresentare uno sviluppo parallelo di cui dovremo tenere conto. Ovviamente più alto è il livello della classe maggiori sono le abilità e i bonus che il nostro eroe riceverà.
Dragon Quest VII rappresenta la summa del gioco di ruolo giapponese, una tipologia che con il tempo è andata imbastardendosi per abbracciare una platea sempre più ampia, operazione che ha portato quasi a smarrire la sua stessa natura.
Questo remake per 3DS dimostra come sia ancora possibile rimanere ancorati al passato ma snellire gli aspetti più arcaici. Gli scontri con i mostri non sono più casuali ma possono essere evitati, essendo i loro modelli presenti sulla mappa, le ore necessarie per far ingranare la storia sono state alleggerite, gli scontri sono più veloci, è stato introdotto il salvataggio rapido oltre a quello classico all’interno delle chiese.

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Questi sono solo alcuni esempi di come sia stato possibile rendere “moderno” un prodotto tipicamente classico.
Il gioco è uno dei capitoli più vasti della serie, uno dei jrpg più lunghi mai creati. Non solo la storia principale è lunghissima (oltre le 100 ore) ma a livello di contenuti opzionali gli sviluppatori non si sono voluti risparmiare andando a triplicare il tempo necessario per completare totalmente il gioco.
Non contenti di questo nel remake sarà possibile ottenere dungeons extra tramite streetpass.
Dragon Quest VII per la sua stessa natura è indirizzato agli appassionati del genere che troveranno pane per i loro denti per molto tempo, allo stesso tempo è consigliato anche ai neofiti dei jrpg, grazie alla dolce curva di apprendimento, ad una storia molto appassionante e ad una localizzazione finalmente degna e perfettamente in linea con il livello del prodotto. Aggiungiamo al già lauto pasto un impianto sonoro che unisce ottime musiche di sottofondo ai suoni e alle fanfare in midi storici della serie.