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Recensione Devil May Cry

Quest’anno, dopo una lunga pausa, Dante è tornato per dare il benservito ai mostri degli inferi troppo arroganti in un reboot che sa di nuovo, ma che allo stesso tempo ha un retrogusto familiare. Scopriamo perciò assieme se il nuovo DmC: Devil May Cry di Ninja Theory è riuscito, come da intenzioni, a rinnovare una delle saghe più famose e tamarre del mondo dei videogiochi.

di: Giorgio "Nadim" Catania

Non è un umano, questo è certo. Non è neppure un diavolo, non ne ha la stessa potenza. E non è neanche un angelo, da quanto è arrogante e violento. Ma allora chi o cosa è Dante?
Alcuni lo chiamano Nephilim, un incrocio tra razze totalmente opposte tra loro. Un termine che non riesce a descriverlo nella maniera migliore, più semplice. Quindi, per chi non ama i paroloni, possiamo dire una cosa, che molti peraltro già sanno: Dante è un cacciatore di demoni. Ed è in assoluto il migliore, potete pure scommetterci!
E quest’anno, dopo una lunga pausa, è tornato per dare il benservito ai mostri degli inferi troppo arroganti in un reboot che sa di nuovo, ma che allo stesso tempo ha un retrogusto familiare. Scopriamo perciò assieme se il nuovo DmC: Devil May Cry di Ninja Theory è riuscito, come da intenzioni, a rinnovare una delle saghe più famose e tamarre del mondo dei videogiochi.

Un’eredità pesante…

Proprio come il nuovo e giovane protagonista, un Dante cambiato rispetto alla vecchia versione tanto nel fisico quanto nella mentalità, ha l’obiettivo di dare nuova linfa ad un personaggio tanto amato, così il nuovo DmC porta con sé un onore e un onere di un certo peso: rinnovare un gameplay che all’epoca riscosse un successo tanto enorme quanto inatteso.
Ecco quindi che le carte vengono mischiate di nuovo, a partire dalla storia. Siamo nel nostro mondo, dominato da un demone tanto potente quanto crudele. Capace non solo di controllare le menti dei deboli umani, ma anche di controllarne la loro società. Sia che si parli dell’aspetto meramente economico, che dei suoi corrotti media o dell’instabile politica. In poche parole questo simpatico essere domina su ogni cosa, detenendo il controllo delle principali industrie e minacciando chiunque lo ostacoli. Ma il suo impero, per quanto stabile e duraturo, è minacciato da una persona. Un giovanotto festaiolo e volgare, che vive una vita solitaria all’interno del proprio disordinato camper. Come avrete capito si sta parlando nientemeno che di Dante: un ragazzo moro spregiudicato, pronto a divertirsi come meglio può. E che non ha ricordi della sua infanzia.
La storia, come potrete già intuire da queste poche parole, non offre nulla di particolarmente innovativo in panorama videoludico. Nonostante ciò si lascia godere, alternando critiche sociali alle ben più semplici e prevedibili vicende del protagonista, che più di una cosa ha in comune con il vecchio Dante – parrucchino biondo platino escluso. Ma chi compra un titolo intitolato Devil May Cry di certo non è alla ricerca di una trama complicata e ricca di colpi di scena, bensì di un gameplay solido, esagerato e soddisfacente. Che in questo DmC di certo non manca.

A me spade e pistole!

Una volta che Dante viene costretto da tutti i demoni che lo stanno cacciando a scendere pigramente dalla propria branda e ad impugnare spada e pistole, la Rebellion e le Ebony e Ivory tanto care ai fan di vecchia data, il divertimento comincia. Ecco quindi un sistema di combattimento che, per molti versi, prende spunto da quello che caratterizzava i precedenti episodi. Arricchito però dall’esperienza maturata dai ragazzi di Ninja Theory con Heavenly Sword.
In poche parole: c’è Dante e ci sono tanti mostri infernali da prendere a mazzate. Come? Attaccandoli con un fendente di spada, tramite l’utilizzo di un singolo tasto. Lanciandoli in aria con la lama, semplicemente premendo un secondo tasto. O addirittura sparandogli contro usando le due pistole, con la pressione di un terzo tasto. Detta così il tutto potrebbe sembrare troppo banale. E lo sarebbe pure, se non fosse che fin dai primi minuti a questi semplici pattern di attacco se ne aggiungono una quantità enorme. Derivante dalla pressione dei suddetti tasti in combinazione o intervallandoli da brevissime pause, per ottenere effetti e combo differenti – di cui molte da comprare in negozi, se così li si può chiamare, sparsi un po’ ovunque.
A tutto questo si aggiungono poi le armi che si ottengono proseguendo nelle varie missioni, da selezionare all’istante premendo e tenendo premuti i due grilletti posteriori del controller – uno per le lame demoniache, uno per quelle angeliche – e da utilizzare con gli stessi tre tasti di cui già accennato. Con la differenza che, mentre con i primi due si eseguono attacchi diretti e lanci verso l’alto, con il terzo l’arma di turno si trasforma in un comodo rampino, da sfruttare per raggiungere o per avvicinare i nemici distanti e per togliere lo scudo a quelli che ne hanno uno. Imparare a gestire tutto questo armamentario all’inizio potrebbe risultare un po’ ostico, e talvolta i colpi andati a vuoto o quelli sbagliati non mancano, però con un po’ di pratica si ovvia al tutto, e dopo un po’ si diventa dei provetti guerrieri. I più pratici possono anche divertirsi a concatenare serie di attacchi tanto impegnativi quanto raffinati, godendosi un combattimento che alla fine diventa a tutti gli effetti una vera e propria danza della morte.
Ora che si ha un quadro generale un po’ più preciso non si fa fatica ad immaginare quante sono le possibili combinazioni offensive di cui dispone lo scapestrato Dante, in grado di fronteggiare qualsiasi avversario cercherà di fermarlo. E di demoni pronti ad ucciderlo ce ne sono di tanti tipi, questo è certo: da quelli poco svegli e reattivi, ad altri tutt’altro che stupidi, ad altri ancora volanti, passando per quelli danneggiabili solo con determinate armi o alcuni particolarmente corazzati o rapidi. Insomma, la varietà non manca. E proprio in virtù di tanta ricchezza è tornato il sistema di valutazione delle combo: più il giocatore è in grado di diversificare gli attacchi e di concatenarne in rapida successione, più la valutazione che prenderà alla fine del combattimento sarà alta. A punteggi elevati ovviamente segue un ottenimento maggiore di preziosi punti da spendere nel negozio, per acquistare nuove mosse od oggetti curativi di ogni sorta. Ecco quindi che, grazie alle valutazioni, il giocatore viene spronato continuamente a migliorarsi, a imparare a schivare i colpi nemici per contrattaccare con il giusto tempismo, a combinare ogni attacco gli venga in mente tanto per il gusto di farlo quanto per la soddisfazione che si trae ne prendere i voti migliori – manco si fosse tornati sui banchi di scuola.
L’unico neo che riesce a scalfire tanta bontà risiede nell’assenza di un sistema di agganciamento degli avversari, che talvolta costringe involontariamente ad attaccare non quello voluto ma quello più vicino o che si trova nella linea di tiro del protagonista. Non che sia un difetto particolarmente grosso, ma talvolta questa mancanza rischia di andare a cambiare i piani di attacco iniziali del giocatore, costringendolo a rivedere le proprie tattiche o a modificarle al volo.
Da segnalare inoltre che per i perfezionisti sono presenti, una volta terminato il gioco, sempre nuovi livelli di sfida, in grado di accrescere la difficoltà in maniera estrema. Ecco quindi nemici più forti, o un Dante in grado di essere spezzato con un singolo colpo proprio come i suoi rivali, o un protagonista delicato come una foglia che deve fronteggiare orde di mostri che scoppiano di salute. Insomma, ce n’è per tutti i gusti: sia per i giocatori che cercano solamente un gioco che sprizzi stile da tutti i pori, sia per quelli hardcore che non vedono l’ora di passare notte insonni in compagnia non di una ragazza, ma del ben più burbero cacciatore di demoni.

Non solo ignavi nel Limbo…

Ciò che salta immediatamente all’occhio di chiunque in questo DmC è senz’altro l’aspetto grafico, che trasuda stile da tutti i pori. Non solo grazie a schermate che, nonostante tendano al rosso sangue o al giallo paglierino, illuminano il televisore quasi fosse un albero di Natale, ma soprattutto grazie ad ambientazioni ispirate ed evocative come poche volte capita di vedere in un videogioco. Ecco che quelle che apparentemente sembrano normali vie di una città qualsiasi, prendono vita all’improvviso non appena Dante finisce nel Limbo – la dimensione parallela abitata dai demoni a cui dà la caccia. Si trasformano quindi completamente, ostacolando il protagonista o cercando addirittura di eliminarlo con trappole tanto subdole quanto spettacolari. Mura che si chiudono su loro stesse, strade che si sollevano in aria, edifici che mutano continuamente, scritte sinistre che compaiono in ogni dove… non manca proprio nulla. E il senso di stupore cresce mano a mano che si visitano luoghi nuovi, come fabbriche apparentemente tranquille o ville abbandonate.
Il tutto, stilisticamente parlando, dona uno spessore davvero unico al titolo. Ma anche per quanto riguarda il mero gameplay una simile direzione artistica ha un suo perché: tramite l’utilizzo dei due rampini, quello demoniaco e quello angelico, Dante può modificare alcune porzioni dell’ambiente che lo circonda o interagire con esse, creando nuove piattaforme su cui saltare o aggrappandosi a ganci sospesi un po’ ovunque. Ciò gli permette sia di superare baratri apparentemente invalicabili, sia di compiere salti fenomenali. E queste semplici trovate spezzano l’azione, quel tanto che basta per far prendere fiato al giocatore tra un combattimento e l’altro, donando a questo DmC uno spirito che ricorda vagamente i platform di vecchia generazione – cosa che era avvenuta, seppur in maniera differente, con Enslaved sempre di Ninja Theory.
A chiudere il quadro ci pensa anche la presenza di un backtracking piuttosto piacevole, che incita il giocatore a riprovare le missioni già superate per scoprire nuovi segreti. Ottenendo chiavi prima irraggiungibili, sbloccando missioni segrete apparentemente inaccessibili, e altro ancora. Una trovata non rivoluzionaria ma più che soddisfacente, un’ottima scusa per rigiocarsi volentieri i vari livelli.

Lacrime di gioia o di dolore?

Questo nuovo Devil May Cry è giunto nei negozi dopo tante discussioni, dovute in primis al cambiamento fisico subito dal protagonista. Il nuovo Dante effettivamente non è lo stesso del passato, è diverso e per certi tratti meno raffinato. Ma questo va ad inficiare davvero poco sulla qualità complessiva del titolo, un hack’n’slash profondo, impegnativo e altamente rigiocabile. Non perfetto, questo è certo: complice qualche sbavatura nel sistema di controllo e qualche difetto riscontrabile qua e là nel comparto grafico. Ma di sicuro di ottima fattura: grazie ad un gameplayprofondo e in grado di creare una certa dipendenza, alle missioni segrete da sbloccare con pazienza e da superare con ancora più calma, a paesaggi onirici davvero stupendi. Il tutto arricchito da un doppiaggio in italiano di qualità, a musiche metal che si adattano perfettamente allo stile del gioco e a numerosissime chicche e richiami alla vecchia saga.
Insomma, DmC: Devil May Cry magari non si imporrà come il gioco più tamarro di sempre, né come il reboot migliore di tutti i tempi, ma si rivela un bel videogioco. In grado di accontentare oltremodo i fan e di avvicinare alla serie le nuove leve. In barba a tutti gli scettici che davano Dante per spacciato. Senza sapere che il cacciatore di demoni è tornato, più in forma che mai.