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Recensione Destiny

Sì, sono una bella cifretta, capace di far girare la testa a chiunque. Intendo i 500 milioni spesi nella realizzazione di Destiny. Che poi magari sono 509, oppure 497, non è questo il punto. Il fatto è che cercare di rapportarsi in maniera serena con un titolo di una tale importanza, sia monetaria che videoludica, non nego mi abbia messo un bel po’ di soggezione. Non essendo un fan della saga Bungie più amata di sempre, mi sono avvicinato a Destiny quasi per curiosità, una volta tanto spinto dall’hype che sin dal suo annuncio lo ha sempre accompagnato. E devo dire che sia l’alpha che la beta erano riuscite ad incuriosirmi a dovere, finendo con il dare una giustificazione ai miei primi entusiasmi. Però, adesso che Destiny sono già alcuni giorni che gira sulla mia PS4, è giunto anche il momento di tirare le fila del discorso, anche se non lo farò da solo, né in maniera canonica. Anche perché il titolo Bungie, nella sua interezza, non è certo un titolo che capita tutti i giorni per le mani.

di: Simone Cantini

Sì, sono una bella cifretta, capace di far girare la testa a chiunque. Intendo i 500 milioni spesi nella realizzazione di Destiny. Che poi magari sono 509, oppure 497, non è questo il punto. Il fatto è che cercare di rapportarsi in maniera serena con un titolo di una tale importanza, sia monetaria che videoludica, non nego mi abbia messo un bel po’ di soggezione. Non essendo un fan della saga Bungie più amata di sempre, mi sono avvicinato a Destiny quasi per curiosità, una volta tanto spinto dall’hype che sin dal suo annuncio lo ha sempre accompagnato. E devo dire che sia l’alpha che la beta erano riuscite ad incuriosirmi a dovere, finendo con il dare una giustificazione ai miei primi entusiasmi. Però, adesso che Destiny sono già alcuni giorni che gira sulla mia PS4, è giunto anche il momento di tirare le fila del discorso, anche se non lo farò da solo, né in maniera canonica. Anche perché il titolo Bungie, nella sua interezza, non è certo un titolo che capita tutti i giorni per le mani.

No man is an island

A meno di non voler essere ipocriti a tutti i costi, appare evidente come siano passati decisamente alcuni giorni da quel 9 settembre 2014 che ha visto l’esordio commerciale di Destiny, pertanto sarebbe da ingenui pensare di essere i primi a versare inchiostro (virtuale) attorno ad esso. Quindi, se quella che cercate è una fredda analisi tecnica e contenutistica del gioco, fareste bene a chiudere la pagina ed indirizzare i vostri occhi famelici verso altri lidi. D’altro canto l’ossatura ludica è già stata ampiamente sviscerata dal nostro buon MarkoDeeJay nei suoi precisi commenti all’alpha e alla beta del gioco Bungie, pertanto sarebbe scioccamente ridondante dire che il gioco apprezzato allora è oggi lo stesso, anche se molto più grande. Ritroviamo, quindi, il nostro Guardiano che, risvegliato dallo Spettro, dovrà combattere le forze dell’Oscurità nel tentativo di salvare la Terra e tutto quanto orbiti attorno (o assieme) ad essa: ecco, se c’è un aspetto che pare non aver subito un upgrade in questo suo passaggio commerciale è proprio la storyline principale che, purtroppo, conferma i dubbi già riscontrati in occasione dei miei precedenti incontri: se è vero che l’universo di gioco è riccamente dettagliato e letteralmente ricolmo di elementi utili ad una sua impeccabile caratterizzazione, è anche vero che il dipanarsi degli eventi avviene in maniera molto meno epica di quanto fosse lecito aspettarsi.

C’è poi da dire che, se vogliamo fare le pulci all’originalità, la storia della lotta eterna tra l’esercito della Luce e quello dell’Oscurità è un qualcosa di tremendamente già visto. Vabè, poco male diranno i detrattori della narrativa a tutti i costi: tanto per le emozioni abbiamo già i giochi di David Cage. Ovvio che però non è tutto da buttare, anzi: la forza della storia che anima Destiny non risiede nei meri contenuti, bensì nel modo in cui questi vengono vissuti dal giocatore. Inutile girarci attorno, a dispetto delle premesse di una campagna apparentemente in solitaria, il nuovo lavoro Bungie trae la sua essenza vitale dal suo essere fortemente sociale. Certo, viverlo da soli è ovviamente possibile (in alcuni momenti), ma limitarsi a ciò significa perdersi gran parte del divertimento, riducendo il tutto all’ennesimo FPS, definizione che sta decisamente stretta a Destiny. Ovvio, si spara e anche molto, ma la possibilità di affrontare ogni capitolo della storia, ognuna delle sortite opzionali, oppure una delle toste sfide che fanno da corollario agli eventi principale assieme ad altre persone rende il tutto decisamente più interessante, finendo con il conferire all’esile sceneggiatura lo spessore degno di un conflitto su vasta scala. In cui il nostro Guardiano non è che una semplice, per quanto letale, pedina. E se si riesce a lasciarsi coinvolgere da un simile meccanismo, viene quasi spontaneo chiudere un occhio sul generale anonimato che circonda il nostro avatar, adesso lontano anni luce da quelMaster Chief capace di diventare un’icona del videogaming. Scelta coerente, però, dato che trattandosi fondamentalmente di un MMOFPS ognuno ha tutto il diritto, a modo suo, di sentirsi uno degli eroi di questa battaglia colossale.

La bellezza dell’imperfetto

No, non è il titolo perfetto, quindi non ce ne usciremo (o forse sì?) con articoli che andranno a demolire punto per punto quanto scritto in queste righe. A dispetto degli ingenti valori produttivi che si agitano dietro le quinte, Destiny non è esente da alcuni difetti che, ci tengo però subito a ribadirlo, ridimensionano solo in maniera lieve l’effettiva bontà dell’intero lavoro. Primo fra tutti è il mero aspetto tecnico che, trattandosi di un titolo cross gen, si trova costretto a scendere a compromessi e, quindi, a non mettere eccessivamente sotto torchio gli hardware attuali. Certo, il colpo d’occhio, anche in virtù dell’innegabile grandezza e apertura degli ambienti di gioco, è decisamente appagante, ma un’analisi più attenta non può fare a meno di rilevare alcune sbavature che non ci saremmo aspettati su PS4 e Xbox One. Alcune texture risultano decisamente sotto tono rispetto ad altre, mentre alcuni elementi ambientali (vedi alcuni elementi della vegetazione) finiscono con avere un aspetti sin troppo old. Sul versante strutturale, invece, spiace notare come i nemici tendano a respawnare ciclicamente sempre nei medesimi punti delle mappe di gioco, finendo con il far sparire ogni aspetto di imprevedibilità bellica. Le stesse missioni poi, a dispetto di un’ampiezza di gioco invidiabile, tendono talvolta a farci ripercorrere i medesimi ambienti, finendo con il relegare ampie porzioni di mappa a semplici punti di raccordo. Bocciato, quindi?

Assolutamente no, dato che, come scritto poche righe fa, tali imperfezioni finiscono con l’impattare in maniera superficiale contro il gameplay di Destiny, che si mantiene su altissimi livelli in ogni frangente: il gioco fa il suo dovere in maniera eccellente, divertendo in ogni suo aspetto. Pur essendo un gioco fortemente derivativo, un mix che pesca a piene mani da Borderlands (il loot), Mass Effect (la Cittadella) e un MMORPG preso a caso, il risultato ottenuto riesce comunque a risultare fresco e sufficientemente innovativo da coinvolgere senza riserve chiunque ami imbracciare un’arma. Ma anche chi non disdegna gli elementi ruolistici. E pure chi ama cooperare o competere con altri giocatori. Ecco, ad essere sinceri è proprio quest’ultimo aspetto a presentare un’ulteriore criticità: da Bungie, maestra nell’innalzare gli standard qualitativi del multiplayer competitivo, ci saremmo aspettati qualcosa in più del Crogiolo che ritroviamo in Destiny. Le modalità presenti svolgono tutte il loro dovere, ma sono prive di un qualsiasi vezzo creativo che le porti a differenziarle da altri esponenti del genere. Ecco che ritroviamo i classici deatmatch, i king of the hill e compagnia cantante che, pur funzionando concettualmente, sono prive di quella carica innovativa che permea la cooperativa. Il tutto, poi, risulta fastidiosamente sbilanciato a causa di un matchmaking non impeccabile che, unito allo squilibrio bellico causato dall’impiego di armamenti spesso legati al livello raggiunto dai vari giocatori, spesso finiscono con il trasformare gli incontri in spiacevoli battaglie a senso unico in cui abilità e potenza di fuoco non procedono appaiati. Niente che, ci auguriamo, non sia risolvibile tramite qualche gradita patch, ma che al momento non rende giustizia all’intera produzione.

Bene, scommessa vinta. Adesso non parliamo di quella di Bungie, sia chiaro, ma della nostra: niente listone delle abilità, analisi meticolosa delle tre classi di gioco, oppure ampia panoramica sulle varie tipologie di armi. Questi sono tutti aspetti che vi invitiamo a scoprire, se non lo avete già fatto, giocando a Destiny. Le parole che avete appena letto hanno unicamente voluto riportare, nella maniera quanto più oggettiva possibile, le sensazioni provate al cospetto di questo nuovo lavoro Bungie, sensazioni che a dispetto di uno scetticismo iniziale hanno finito con il rivelarsi incredibilmente positive. Destiny è un ottimo gioco, di sicuro non la summa della perfezione, ma sicuramente un titolo che farà parlare di sé nei mesi (o forse anni) a venire. Anche grazie alle immancabili espansioni a pagamento (sigh) che andranno ad ampliare l’universo di gioco. Sicuramente è un titolo da provare, a patto di non essere però completamente refrattari a condividere la vostra esperienza online. Poi se proprio non volete saperne di pagare il Live o il Plus per sparare in compagnia, dategli una chance su PS3: insomma, almeno una volta dovete calarvi nei panni di uno dei Guardiani in lotta contro le forze dell’Oscurità. Non ve ne pentirete.