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Recensione Clockwork Tales: Of Glass and Ink

Dopo aver affollato il mondo mobile con decine di prodotti decisamente ben curati, i ragazzi di Artifex Mundi sono pronti a compiere il grande passo verso il mondo console, grazie a Clockwork Tales: Of Glass and Ink, una delle loro ultime fatiche da pochissimo sbarcata su Xbox One. Approdo riuscito? Scopriamolo assieme.

di: Simone Cantini

Dopo aver affollato il mondo mobile con decine di prodotti decisamente ben curati, i ragazzi di Artifex Mundi sono pronti a compiere il grande passo verso il mondo console, grazie a Clockwork Tales: Of Glass and Ink, una delle loro ultime fatiche da pochissimo sbarcata su Xbox One. Approdo riuscito? Scopriamolo assieme.

La terra trema

Clockwork Tales: Of Glass and Ink ci calerà nei panni dell’agente Evangeline Glass che, dopo aver ricevuto una lettera del suo mentore, il professor Ink, si precipiterà nella gelida città di Gottland per venire a capo di una serie di misteriosi terremoti che stanno squassando il territorio. Ben presto, però, quella che doveva essere una semplice sortita scientifica, si tramuterà in un intrigo di proporzioni decisamente più elevate, non appena Ink verrà rapito da un gigantesco robot. Gli ingredienti che danno il via all’avventura sono senza dubbio intriganti e strizzano più di un occhio alle atmosfere care alla saga del professor Layton. Certo è bene chiarire subito come non ci si debba aspettare vette narrative ardite, vista anche l’esigua durata dell’avventura, ma il setting fortemente steampunk unito al gameplay semplice ma stuzzicante, rendono questa conversione del titolo mobile degna di attenzione.

Aguzzate la vista

Il gameplay di Clockwork Tales: Of Glass and Ink è quello tipico delle canoniche avventure punta e clicca: all’interno dei vari scenari, difatti, non dovremo fare altro che individuare I punti sensibili con I quali è possibile interagire, raccogliendo vari oggetti da combinare tra loro in modo ottimale, in pieno stile LucasArts e Sierra. Non mancano, inoltre, alcuni piacevoli minigiochi che vanno a spezzare il ritmo ludico, ai quali si affiancano sezioni in cui dovremo aguzzare la vista per individuare all’interno del livello una lista di oggetti. Sia gli enigmi che le digressioni si sono rivelate sempre coerenti e prive di apparenti illogicità, seppure il tutto sia immune a particolari picchi di astrusità e difficilmente vi faranno trascorre più di una manciata scarsa di minuti in cerca della soluzione. È in questa effettiva semplicità di fondo, presente anche qualora si decida di giocare con tutti gli aiuti disattivati, che risiede il maggior difetto di Clockwork Tales: Of Glass and Ink: seppur intrigante, l’avventura di Glassnon vi terrà impegnati per più di 3 ore. Sotto questo aspetto a poco serve l’oretta scarsa che vedrà Ink come protagonista, grazie ad un capitolo bonus, che funge da prequel, sbloccabile una volta terminata la campagna principale. Peccato, perché sarebbe basta una longevità lievemente superiore, anche in virtù del prezzo di commercializzazione, per fare di Clockwork Tales: Of Glass and Ink un prodotto decisamente migliore.

A tutto vapore

Lo stile visivo adottato per mettere in scena l’avventura di Glass e Ink è assai piacevole, grazie ad un curato mix di elementi disegnati e sporadici inserti tridimensionali. Per quanto tutto si muova in maniera non certo raffinata, la commistione operata dai ragazzi di Artifex Mundi si è rivelata estremamente funzionale, corroborata anche da un setting azzeccato. Senza infamia e senza lode l’accompagnamento sonoro ed il doppiaggio (in inglese ma sottotitolato in italiano).

Clockwork Tales: Of Glass and Ink rappresenta una più che buona conversione, che però non fa nulla per rinnegare la sua natura mobile, sottolineata in primis dalla sua risicata longevità. Se si riesce a passare sopra questo difetto, però, il gioco Artifex Mundi potrà tranquillamente rivelarsi un piacevole divertissement per tutti coloro che cercano un’avventura grafica in grado di andare oltre la semplice pressione di un tasto ad intervalli sin troppo dilatati tra loro. Certo, non siamo al cospetto del nuovo Monkey Island, ma visto lo stato attuale del genere non ci possiamo di certo lamentare.