Cinema Recensione

Thor: Ragnarok – Quando si esagera con la commedia

di: Luca Saati

Nonostante due film a lui dedicati, Thor è l’eroe del Marvel Cinematic Universe che più di tutti ha faticato a lasciare il segno in questo impressionante mondo creato da Kevin Feige e company. Forse è colpa proprio dei film da solista che non sono riusciti a mantenere una loro identità, il primo di Kenneth Branagh era per certi versi eccessivamente “teatrale” nella messa in scena mentre il secondo diventa tentacolare nello sviluppo perdendo un po’ le redini della narrazione in corso d’opera. Le premesse quindi per questo Thor: Ragnarok non erano delle migliori all’annuncio, ma dopo il primo trailer ufficiale (sulle esaltanti note dei Led Zeppelin) si era capito che forse il momento del Dio del tuono di ottenere la gloria personale, era finalmente arrivato.

Passata la sbornia post-trailer, ci si rende però conto che c’è qualcosa che non va. Taika Waititi, regista del film, sembra infatti essersi approcciato alla materia con toni decisamente opposti, eppure stiamo parlando del Ragnarok e non dei Guardiani della Galassia di James Gunn, dove invece il tono più leggero da space comedy sembrava essergli cucito addosso. Sì, sappiamo che i film sui fumetti non sono mai fedeli al 100% alla loro controparte cartacea. L’esempio più eclatante è proprio Captain America: Civil War che prende appena spunto dal materiale originale per poi prendere una strada tutta sua.

Thor all’inizio del film è impegnato a sventare il Ragnarok e per farlo si trova a dover mettere in mostra tutti i suoi poteri in una scena d’azione veramente ben diretta (indubbiamente uno dei momenti migliori del film). Ritornato ad Asgard però comprende che c’è qualcosa che non va: Loki ha infatti occupato il trono per tutto il tempo della sua assenza, fingendo di essere Odino. Lo stesso Odino, prossimo alla morte, rivela che la sua primogenita, Heela, sarà presto liberata dalla sua prigione in cui venne rinchiusa mille anni prima Questa prima parte del film, fatta eccezione per qualche momento ironico un po’ fuori luogo, è quella dove Thor: Ragnarok mantiene un’identità che sembra funzionare. A un certo punto però il film cambia completamente registro e questo twist coincide con l’arrivo di Thor sul pianeta alieno dove Hulk, ridotto in schiavitù, combatte come gladiatore per divertire il pubblico. Questo, in soldoni, è il momento in cui Waititi decide che è arrivato il momento di emulare James Gunn, facendosi ingolosire dalla battuta facile e dalla messa in stile Firefly di cui si accennava in precedenza.

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Waititi insomma non riesce a tenere a freno l’aspetto “demenziale” che un film su Thor dovrebbe utilizzare col contagocce, ed è davvero un peccato perché il regista neozelandese si dimostra bravissimo nel dirigere le scene d’azione (il combattimento tra Thor e Hulk è spettacolare come ci si aspettava) così come è altrettanto abile nell’alleggerire la pellicola in alcuni momenti per rendere il tutto più scorrevole, senza necessariamente scadere nel facile umorismo. Manca quindi un po’ d’equilibrio, perchè divertire ci si diverte (e parecchio) ma quel retrogusto di macchiettistico e soprattutto di già visto, si fa via via più prepotente sul nostro palato.

Tra i molti pregi delle due avventure di Star Lord e compagni c’era sicuramente un lavoro di caratterizzazione dei personaggi importante, capace di generare empatia tra questi e gli spettatori, anche coloro che, digiuni di avventure cartacee, non avessero idea di chi fossero i Guardiani della Galassia. Elementi questi che mancano del tutto a Thor: Ragnarok, tra un Hulk bambinesco, un Bruce Banner rincitrullito e un Loki divenuto ormai una macchietta e l’ombra di quel Dio dell’inganno che tanto piaceva ai fan, l’unico a convincere è il protagonista (interpretato da un Chris Hemsworth sempre più a suo agio in mantello e calzamaglia), che completa il suo percorso di crescita, mentre l’Hela della divina Cate Blanchett non riesce purtroppo a scrollarsi di dosso la maledizione che colpisce i villain del MCU, risultando l’ennesimo cattivo di cui ci dimenticheremo in fretta.

Thor: Ragnarok risulta quindi in parte un’occasione sprecata, poteva e doveva essere molto di più se solo il materiale di partenza fosse stato trattato diversamente. Il film di Waitit invecei non si discosta dal suo essere un semplice pop-corn movie, piacevole e divertente sul momento, ma che finisce nel dimenticatoio dopo poco tempo. Un prodotto di puro intrattenimento che fa degnamente il suo lavoro per gran parte della sua durata ma che, alla fine della fiera, non rappresenta un punto cruciale nell’economia di un Marvel Cinematic Universe che, sinceramente (e fisiologicamente a questo punto) comincia a mostrare un po’ il fianco alla ripetitività.