Cinema Recensione

Coco – Viva el Día de los Muertos! Viva la Pixar!

di: Simone "PulpGuy88" Bravi

Potremmo parlare per ore di quella che, probabilmente, è stata una delle lavorazioni più travagliate dell’intera filmografia Pixar.

Dall’insurrezione della comunità latino-americana negli States all’annuncio del titolo originale del film (Día de los muertos) al regista Lee Unkrich che fu costretto a mettere da parte il progetto per dedicarsi a Toy Story 3 (pellicola su cui la compagnia puntava ovviamente tutto e rivelatasi poi uno dei suoi più grandi capolavori) fino ad arrivare ai molteplici problemi di distribuzione (e sembra una comica se parliamo di un qualsiasi film Disney). Insomma Coco non era certo nato sotto una buona stella e soprattutto negli States, dove la scia delle porcate di Trump sull’immigrazione ha lasciato solchi importanti, rischiava di essere un flop senza precedenti.

Fortunatamente Pixar ci ha abituati a guardare i film d’animazione con un altro occhio, li ha resi qualcosa di più di meri prodotti che arrivano in sala giusto per tenere buoni i ragazzini e immobilizzarli un paio d’ore su una poltrona, con un secchio da 3 litri di pop corn in una mano e una bevanda troppo zuccherata nell’altra. Coco non fa eccezione e, lo diciamo subito, è un film universale, nel senso più profondo del termine. La storia è quella di Miguel, un ragazzino messicano col sogno di diventare un famoso musicista ed il talento cristallino di chi potrebbe riuscire a realizzare il suo sogno, con un minimo di sostegno. La sua famiglia però ha bandito la musica molti anni prima che lui nascesse, per uno sgarbo dalle radici profonde provocato dal suo trisavolo. Ma Miguel non riesce a resistere al suo legame con la musica e nel Día de los Muertos , per partecipare ad un concorso per giovani musicisti, ruba la chitarra del suo trisnonno, il celebre cantante Ernesto de la Cruz. Ma le cose non vanno esattamente come aveva previsto e il ragazzo si ritrova catapultato nel regno dei morti…Un posto molto meno cupo e triste di quello che si aspettava.

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Già dalla sinossi si può facilmente intuire come Coco non sia esattamente un prodotto adatto per un pubblico di giovanissimi. Al di là dell’ambientazione (a tutti gli effetti Miguel si ritrova in mezzo ai morti, nel giorno della più famosa festa messicana), le tematiche affrontate dalla Pixar sono quelle di un prodotto maturo e consapevole di esserlo. La privazione, l’abbandono, la morte, le barriere da abbattere e le pericolose limitazioni date dai legami familiari e dall’immagine universale della famiglia. In tutto questo la musica riesce a ricoprire, forse per la prima volta in un film Pixar, un ruolo fondamentale, quasi da protagonista, per rendere vivo e pulsante il concetto di superamento dei nostri limiti. E badate bene: non si parla soltanto di limiti fisici, limiti legati ad un nostro talento particolare. Stiamo parlando di limiti ben più dannosi, quelli mentali. Quelli che ad esempio pongono un confine troppo spesso tra il mondo dei vivi e quello dei morti, facendocelo immaginare come un regno di tristezza e disperazione e dove invece il buon Miguel riesce a ritrovare se stesso, in mezzo a persone morte ancor prima che lui venisse al mondo. E infatti anche visivamente Pixar riesce a compiere l’ennesimo miracolo, con ambientazioni e atmosfere in grado di lasciare a bocca aperta anche lo spettatore più smaliziato, che vedrà scintillare davanti ai suoi occhi un mondo immaginifico da cui sarà difficile separarsi una volta terminata la visione.

E Unkrich (spalleggiato da Adrian Molina, con cui ha scritto e firmato la regia del film a quattro mani) ci mette del suo anche dal punto di vista tecnico, realizzando un film vero, autentico, caratterizzato da una regia matura e dinamica, spesso estranea ai prodotti d’animazione classici (compresi addirittura alcuni film della stessa Pixar). Una scelta stilistica ben precisa e atta a manifestare la volontà di spingere l’animazione verso un livello ancora più profondo di quanto visto in pellicole come Up e Inside Out, per citare due tra i prodotti Pixar più riusciti di sempre. Coco entra nella schiera di quei film che, se la compagnia fosse il generale di un’esercito (e perdonate il paragone poco consono), esso sarebbe sicuramente una delle medaglie più luminose appuntate sulla sua giacca. E anche quest’anno il discorso Oscar per il miglior film d’animazione sarà una mera formalità.

L’unica nota negativa di un’esperienza cinematografica magica? Il corto di mezz’ora che precede la proiezione e dedicato a Frozen. Un qualcosa per cui si potrebbe tranquillamente denunciare la Disney per sequestro di persona e tortura.