Cinema Recensione

Bright – All Orcs Are Bastards

di: Simone "PulpGuy88" Bravi

Ogni tanto Netflix ha il vizietto di buttare nel calderone del suo immenso catalogo un film auto-prodotto che, alla fine, si rivela inaspettatamente un gran bel film o quantomeno un progetto interessante per degli spunti futuri. E’ successo prima con Hell or High Water, sorprendente western moderno firmato David Mackenzie e poi con Okja, deliziosa fiaba visionaria made in Corea.

In questo finale di 2017 prova a continuare questo trend David Ayer, regista di Fury (piccolo gioiello bellico uscito nel 2014) e reduce dal clamoroso flop di Suicide Squad, cinecomic chiamato a risollevare le sorti di un disastroso filotto DC/Warner ma che ha poi definitivamente affossato l’universo tematico della principale antagonista dei Marvel Studios. In quest’ultimo caso, però, la colpa non fu totalmente di Ayer, che aveva ben chiara in mente la “forma” che avrebbe dovuto avere Suicide Squad e che è stata poi stravolta dalle ridicole richieste della Warner Bros. che volle adattare la pellicola sugli standard dei Guardiani della Galassia e degli Avengers.

Ayer è sempre stato un regista coraggioso e lo dimostra mettendosi al timone di questo Bright (di cui è anche produttore). Immaginate una Los Angeles fatta di poliziotti corrotti, odio razziale e minoranze etniche. Ora sostituite i neri con gli Orchi per quanto riguarda le minoranze etniche, ficcateci dentro gli Elfi che se la comandano in stile Mafia Capitale e popolate la città di ogni sorta di mostro fantastico vi venga in mente. Tutto questo più Will Smith che fa il poliziotto duro e tutto d’un pezzo è Bright. Solo poche ore dopo essere stato reso disponibile, il film è stato bollato come un colossale fallimento. Un’accozzaglia di poliziesco, fantasy ed action senza nè capo nè coda. E in effetti il primo impatto non è certo dei migliori. Ad un make-up piuttosto posticcio si affiancano dei dialoghi da autentico B-Movie, effetti speciali al risparmio (ma non per questo di basso livello) e una storia che mischia un po’ de Il Signore degli anelli, Training Day e The Shield con un ritmo serrato in stile I guerrieri della notte. Beh la verità? Bright non è la schifezza che stanno dipingendo. Si, in larga parte è parecchio scemo. Si, la storia degli orchi, degli elfi e delle magie sullo sfondo dell’odierna Los Angeles è un po’ un pugno in un occhio, eppure c’è una bizzarra “armonia” negli elementi che Bright mette sul tavolo.

Perchè al di là della critica politica e sociale a dir poco spicciola, Bright rimane un dignitosissimo prodotto di intrattenimento. Si, è un B-Movie a tutti gli effetti e non fa niente per nasconderlo. Prova con coraggio a proporre qualcosa di nuovo senza il timore di sembrare talvolta ridicolo (la scena di Will Smith che prende a scopettate una fatina effettivamente è terribile) e va dritto per la sua strada, senza compromessi. David Ayer e lo sceneggiatore Max Landis (creatore di Dirk Gently) riescono a creare uno stranissimo ecosistema capace di auto-alimentarsi a dialoghi trash e scene d’azione di un certo livello. Perchè va bene tutto, ma Ayer la macchina da presa la sa muovere e bene e va quindi riconosciuto che, sotto il profilo tecnico, Bright non è affatto un cattivo film. C’è poi Will Smith che pare crederci fino in fondo e questa è sempre cosa buona e giusta, che quando uno degli attori più pagati del pianeta sembra divertirsi con un progetto “di basso profilo”, per così dire, c’è sempre una piccola possibilità che ne venga fuori qualcosa di buono.

Inevitabilmente però c’è anche da parlare di pesanti magagne: una narrazione talvolta pasticciata che tira dentro la storia personaggi, in fin dei conti, inutili e che lascia tanti, troppi buchi (su tutti: chi sono i Bright? Che compito hanno? Da dove vengono?). Ma fare le pulci in questi termini a un film come Bright significherebbe non avere un briciolo di onestà intellettuale. Questo è cinema di genere portato all’estremo e va fruito come tale. E sapete cosa? Netflix ha già ordinato il seguito.

Noi siamo moderatamente contenti, perchè gli agenti Ward e Jakoby (i protagonisti di questa cafonata) cominciavano a starci simpatici.