Hands-On

We Happy Few

di: Federico Lelli

Nato da una campagna su Kickstarter, We Happy Few è il nuovo titolo di Compulsion Games, studio che ha già alle spalle Contrast. Successivamente alla campagna di crowdfunding il titolo è stato portato anche su Xbox One dove è arrivato in questi giorni nella sua versione in accesso anticipato.

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Felicità, è un bicchiere di vino con un panino

Avete visto il prologo di cui sopra? Avete visto che bella l’atmosfera retrofuturistica e il senso di angoscia causato dal solito regime orwelliano? Ecco, prendete tutto e dimenticatelo, almeno per ora, perché sarà l’unica sezione narrativa presente in questa versione in Early Access che invece si impegna subito a mostrarci la parte più relativa al gameplay e al motore di gioco.

Ci svegliamo in un bunker, oltre alla tv accesa le prime cose che saltano all’occhio sono i cassettoni e gli armadietti che con una voce a schermo ci segnalano la possibilità di verificarne il contenuto, saccheggiamo il possibile e usciamo della stanza, dove un mondo procedurale e i suoi abitanti ci aspettano per quello che dovrebbe essere il cuore di We Happy Few.

L’esplorazione di un mondo sempre nuovo, proprio perché generato da capo dopo ogni morte, è all’inizio fondamentale per sopravvivere prima ancora che per andare avanti nel gioco: il nostro protagonista subisce infatti gli effetti di sonno, fame e sete che, grazie alle icone a schermo, vanno sempre considerati, pena la morte. Andiamo così di casa in casa diroccata all’interno del giardino che circonda Wellington Wells, esilio e dimora dei downers: gli abitanti che non assumono la loro pillola della gioia quotidiana, reietti della società. Il nostro scopo sarà quindi quello di usare tutto ciò che è in nostro possesso, trovato sul posto, per creare nuovi oggetti che ci permettano di ritornare dentro le mura di Wellington Wells, il tutto cercando di sopravvivere il più possibile alle minacce che incontreremo.

Il giardino e la città sono infatti pieni di pericoli: cittadini lunatici che possono attaccare senza preavviso, soprattutto se ci vedranno rubare nelle loro case, e guardie pronte a far rispettare le divisioni tra i downers e le persone “normali”, che potremo combattere solo con il sistema meleé integrato nel gioco; dall’altro lato la stessa parte relativa alla sopravvivenza può darci parecchi grattacapi, dai cibi avariati che possono causare un generale malessere fino alla possibilità di contrarre malattie anche mortali.

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Un esercizio futile

We Happy Few al momento un cui scriviamo, e sempre considerando che si tratta di una versione ad accesso anticipato, non impressiona in maniera particolarmente positiva in nessuno dei suoi campi se facciamo eccezione per il design, effettivamente abbastanza curato e interessante.

La parte survival è sicuramente il primo problema che salta all’occhio: passati i primi minuti noteremo infatti le icone dei bisogni del nostro protagonista che saranno sempre lì a ricordarci di accumulare cibo in quantità, fermarci ad ogni fontana per bere e, occasionalmente, trovare un letto per riposarsi. Questi bisogni, eccessivamente frequenti e colpevoli di fermare il ritmo del gioco ogni volta, saranno sempre un tarlo nella vostra testa tanto che ad un certo punto sembrerà di comandare un Tamagotchi.

Di conseguenza ci accorgiamo del secondo problema, quello relativo alla ricerca delle risorse: in generale andremo di casa in casa per cercare di riempirci le tasche e trovare qualcosa di utile, peccato che in un mondo procedurale cercare qualcosa che magari è fondamentale per una missione ed è disposto casualmente all’interno di uno dei tanti contenitori del gioco può essere estremamente tedioso, non aiuta inoltre la presenza di un inventario dallo spazio limitato che ci costringe a fare una microgestione anche degli oggetti raccolti.

Le poche missioni presenti al momento infatti richiedono quasi sempre la ricerca di determinate cose da raccogliere e da unire tramite il sistema di crafting che, essendo abbastanza basilare, richiede semplicemente la presenza degli ingredienti e della ricetta per avere in mano il prodotto finale.

Neanche il combattimento all’arma bianca è particolarmente ispirato: continuando a spingere lo stesso tasto a ritmo, a patto di avere abbastanza resistenza, possiamo unire i colpi in una combo basilare mentre un altro bottone è usato per difendersi ma, anche qui, la scelta di far consumare le armi richiede di ponderare ogni attacco con cautela. Il titolo infatti cerca di premiare gli approcci più furtivi, grazie agli attacchi alle spalle più efficaci, ma allo stesso tempo ci esorta nel continuare a razziare in giro, per avere sempre nuove risorse e le due cose purtroppo sono decisamente poco bilanciate tra loro.

Deludente anche il comparto tecnico, con diversi bug (alcuni anche risaputi, visto che si tratta di una versione di anteprima), evidente popup degli elementi in distanza, compenetrazioni e, in generale, una discreta ripetitività di fondo di ambienti e location. Ancora una volta la scelta di un motore procedurale porta più danni che vantaggi consegnandoci dopo ogni morte un mondo che è sicuramente diverso dal punto di vista topografico ma già visto dal punto di vista dei singoli elementi e dal level design praticamente nullo. L’assenza di un sistema ad obbiettivi ci obbliga inoltre a girare spesso a vuoto, sperando di aver trovato il punto giusto per puro caso.

Per ammissione degli stessi autori We Happy Few è ancora lontano dalla data di uscita, si parla di un periodo che va dai sei mesi ad un anno, e sicuramente l’integrazione della componente narrativa e dei tre personaggi giocabili previsti renderà il titolo più interessante. Purtroppo al momento il titolo è un’accozzaglia di alcune idee che a volte non si integrano bene tra loro e di altre idee figlie di un game design confuso e approssimativo.

Il prezzo di 30€ per accedere alla versione alpha del gioco è sicuramente un obolo troppo caro da pagare per dare fiducia agli sviluppatori canadesi, per i più impazienti al massimo consigliamo la demo gratuita presente nel marketplace.